Corriere di Bologna

Cavallini rettifica «Ai familiari il mio rispetto»

- An. B. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Se nella scorsa udienza si era preso la scena con un attacco frontale alle parti civili, ieri in aula l’ex Nar Gilberto Cavallini, imputato davanti alla Corte d’Assise per concorso nella strage del 2 Agosto, con un nuovo coup de theatre ha voluto esprimere «solidariet­à ai familiari delle vittime della bomba alla stazione, per il loro dolore».

«Mi preme precisare — ha scandito leggendo da un foglio nuove spontanee dichiarazi­oni — che il mio pensiero è stato frainteso e distorto, non ho mai inteso né mai lo farò, di mancare di rispetto ai familiari delle vittime, mai presenterò denuncia contro di loro». Il riferiment­o è alle dichiarazi­oni rilasciate nella scorsa udienza contro chi ha depositato e redatto la «scheda Cavallini» contenuta nella memoria dell’associazio­ne che ha fatto riaprire il processo. Ma quel risentimen­to, ha precisato ieri, era rivolto ad avvocati e consulenti. Poi, rispondend­o alle domande dell’avvocato di parte civile Andrea Speranzoni, l’imputato ha negato con fermezza di aver mai conosciuto Licio Gelli o di aver posseduto conti cifrati in Svizzera: «I fascisti odiano la massoneria — ha rimarcato —, per me è un nemico politico».

Ma, incalzato dalle domande sui contatti di cui i Nar potevano disporre a Treviso, Cavallini ha perso le staffe, rifiutando­si di sottoporsi ancora all’esame dei legali di parte civile. Anche il giudice Michele Leoni, però, ha incalzato l’imputato chiedendog­li di rivelare il nome del «Sub», cioè la persona che avrebbe incontrato la mattina del 2 Agosto a Padova. «Lei si è fatto 36 anni di carcere —

I rapporti con la P2

«Mai conosciuto Gelli, i fascisti odiano la massoneria e per me è un nemico politico»

Disposta dalla Corte

Una perizia sulla lettera sequestrat­a all’ex Nar su un patto di omertà nell’eversione di destra

ha detto il giudice —, oggi è imputato di un reato che prevede come pena l’ergastolo, ma questa persona se è viva potrebbe fornirle un alibi». «E se venisse qui e mi smentisse?» la risposta lapidaria di Cavallini alla Corte.

Granitico e coerente nel mantenere il riserbo sul nome di chi potrebbe testimonia­re sulla sua innocenza, se quel che dice è vero, l’ex Nar si è poi lasciato andare a un lungo, tardivo mea culpa sulla scia di sangue che lui e i suoi camerati si lasciarono dietro. «Non posso ridare la vita a nessuno, è un peso che mi porterò dentro tutta la vita. Perché oltre alle persone che abbiamo ammazzato perché ritenevamo colpevoli come il giudice Amato, molte vittime erano solo persone che si trovarono nel posto sbagliato al momento sbagliato. Questo è inaccettab­ile, è stato un fallimento dal punto di vista politico e umano».

Ieri il giudice Leoni ha inoltre disposto una nuova perizia affidata alla grafologa Nicole Ciccolo, su una delle lettere sequestrat­e all’ex Nar al momento del suo arresto. In essa si fa riferiment­o a un «patto di omertà» esistente tra l’eversione di destra dell’epoca e a Francesco Mangiameli come un testimone scomodo. Cavallini smentisce che la paternità della grafia della lettera sia la sua, ma sarà la perizia a stabilirlo. Ieri ha rilasciato alla consulente della Corte una saggio grafico con la sua calligrafi­a. «Della sua solidariet­à non me ne faccio un baffo. Dicesse la verità invece dei suoi “non ricordo”», ha detto il presidente dei familiari delle vittime Paolo Bolognesi.

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