La nuova vita di Paolo, strappato alla sua terra e ai clan di ‘ndrangheta
Via dalla sua terra, lontano dalle dinamiche criminali che hanno accompagnato la sua giovane vita, dall’influenza di un padre finito in carcere al 41 bis e da un ambiente che rischiava di permeare la sua esistenza e quelle dei suoi fratelli. Una nuova vita iniziata in Emilia, dove lui, 17enne calabrese, si è trasferito da qualche tempo con tutta la famiglia in applicazione di un protocollo firmato tra il ministero della Giustizia e il Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria che prevede la recisione dei legami territoriali (e della potestà genitoriale) dei minori provenienti o inseriti in contesti familiari di criminalità organizzata e un nuovo inizio con percorsi personalizzati finalizzati alla rieducazione e al reinserimento sociale.
Si tratta della prima applicazione nella nostra regione del protocollo sottoscritto nel 2017 in Calabria dai vertici degli uffici giudiziari e dagli allora ministri della Giustizia e dell’Interno Andrea Orlando e Marco Minniti. “Liberi di scegliere”, è il nome evocativo dello strumento pensato per consentire ai ragazzi cresciuti in ambienti o famiglie mafiose di rompere definitivamente con i contesti di provenienza e investire sul proprio futuro. Altrove e grazie al supporto di educatori, criminologi ed esperti di dinamiche mafiose. Un accordo speculare è stato formalizzato lo scorso novembre anche a Bologna, grazie alla collaborazione tra Università e Centro di giustizia minorile, e in un secondo momento è stato accompagnato da un accordo quadro siglato da Libera e dal Tribunale per i minorenni, un percorso che in pochi conoscono e che finora non ha avuto la giusta pubblicità per molti motivi.
Il protagonista di questa storia di speranza e riscatto è ospitato da circa un anno in una comunità emiliana che
Prima applicazione
Via la patria potestà al padre al 41 bis: lui è in Emilia col progetto per il recupero dei minori
” Spadaro Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo
sta seguendo passo dopo il suo complicato percorso di reinserimento. Con risultati incoraggianti. Paolo (non è il suo vero nome) è arrivato qui per «scontare» la messa alla prova, dopo aver commesso un reato contro il patrimonio in Calabria. Non è stato facile per lui accettare di essere sradicato dalla sua terra, dal suo ambiente e perfino dalla sua famiglia visto che inizialmente il provvedimento del Tribunale ha riguardato solo lui. Il padre, seppure non si sia mai pentito e abbia scelto di scontare la pena in silenzio, non si è però opposto alla perdita della patria potestà, anche se avrebbe potuto farlo. Deve aver pensato che il figlio, che all’epoca aveva sedici anni e rischiava di ripercorrere le sue orme, meritava di crescere in un contesto diverso e giocarsi le sue
Il percorso
Il 17enne vive in una comunità, va a scuola e fa volontariato: ora lo ha raggiunto la madre
carte senza condizionamenti. Pochi mesi dopo anche sua madre e i fratelli hanno aderito al protocollo e lo hanno seguito nella nostra regione.
Ora Paolo ha davvero intrapreso un percorso di recupero e reinserimento: frequenta regolarmente la scuola, fa volontariato e, soprattutto, sogna un futuro nella legalità. Quello che difficilmente avrebbe potuto intraprendere con i condizionamenti del suo ambiente originario.
Il presidente del Tribunale dei minorenni Giuseppe Spadaro, di origine calabrese e dunque profondo conoscitore delle dinamiche di quella terra dove ha a lungo prestato servizio, per evidenziare la bontà di questo progetto e delle decisioni dei colleghi di Reggio Calabria, interpellato dal Corriere di Bologna, si è limitato a riportare, con voce commossa, le famose parole del giudice Paolo Borsellino: «Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo».