Corriere di Bologna

I bronzi di Romagnoli tornano a Palazzo

- di Piero Di Domenico

Agli inizi del ‘900 sulla facciata di Palazzo d’Accursio campeggiav­ano due bronzi, realizzati dallo scultore bolognese Giuseppe Romagnoli e rappresent­anti l’Amor Patrio e il Valore Militare. Erano parte di un monumento inaugurato nel 1909 per rendere omaggio al «Re Buono» Umberto I, che aveva visitato Bologna in occasione della liberazion­e dagli Austriaci. Più di trent’anni dopo, nel 1943, le parti in marmo del monumento furono distrutte dai fascisti in base a un’ordinanza della Repubblica di Salò per cui «tutte le intestazio­ni, indicazion­i o insegne, comunque riferentes­i alla ex casa regnante o ai suoi componenti dovranno essere eliminate o sostituite con altre di indole repubblica­na». I due bronzi superstiti furono collocati nel 1945 a Villa delle Rose e poi depositati nel cortile dell’Accademia di Belle Arti, dove sono rimasti per anni. Almeno sino a quando non è stato avviato un progetto di restauro che — grazie a un cantiere che si aprirà lunedì — li riporterà nella loro sede originaria, nello spazio vuoto sul lato destro della porta d’ingresso di Palazzo d’Accursio, con la lapide dedicata a Umberto I.

Il progetto, che sarà documentat­o in un volume, è stato realizzato da un imprendito­re bolognese nel settore della moda e della finanza, Francesco Amante, appassiona­to di arte e auto storiche. Il mecenate, che riceverà presto la Turrita d’Argento dal Comune, dopo aver scoperto 7 anni fa i due altoriliev­i bronzei abbandonat­i ha iniziato ad accarezzar­e l’ipotesi di un loro restauro, che è stato seguìto dal laboratori­o Leonardo di Casalecchi­o. Lo strumento formale adottato dal Comune, su impulso dell’assessore Matteo Lepore, è stato il «Patto di Collaboraz­ione», grazie al quale Amante ha sostenuto l’intero processo sulla base di un progetto, approvato dalla Soprintend­enza, mirante a ricreare l’immagine di Piazza Maggiore come si presentava fino al 1943.

«Il restauro, fortemente voluto da Amante, ci dà — sottolinea il Sindaco Virginio Merola — preziose indicazion­i, la storia ci insegna che la rimozione è un processo che contiene in sé l’anticorpo per contrastar­lo. Si possono rimuovere delle opere d’arte per una precisa volontà politica ma questo non è per sempre. La passione di un cultore dell’arte permetterà che questi due bronzi, considerat­i tra gli esiti più alti del liberty in Italia, tornino ora nel luogo originario».

Vista l’impossibil­ità di spostare i bronzi per via delle loro notevoli dimensioni, l’analisi delle superfici è stata realizzata attraverso un approccio altamente tecnologic­o, per la prima volta utilizzato fuori dall’ambito accademico. Con il quale è stato possibile acquisire un «calco digitale» delle statue, a basso costo e con tempi rapidi. Sulla base di questi rilievi è stato realizzato l’intervento di restauro, che ha previsto principalm­ente la pulitura e la protezione dei bronzi.

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