Corriere di Bologna

La Franzoni chiusa nella casa-rifugio «Vivrò la mia vita»

I Lorenzi chiusi nella villetta. Il vicino: «Le lascerei i miei figli»

- Di Gianluca Rotondi

Annamaria Franzoni resta chiusa nel suo fortino: la villetta di Monteacuto Vallese dove si è trasferita con la sua famiglia una volta scontata la detenzione domiciliar­e. Anche l’agriturism­o dei Franzoni è chiuso: tutti vogliono evitare questo nuovo clamore mediatico. Un’amica le porta la spesa. «Mi ha detto che è felice perché finalmente libera di vivere la sua vita», riferisce. Dalla sua, Annamaria, ha tutto il paese. «Le affiderei i miei figli», dice un vicino. Mentre a Cogne tutti sperano che non si faccia più vedere.

Serrande abbassate e scuri socchiusi nella casa di Monteacuto. La famiglia chiama i carabinier­i per proteggers­i . Il paese: «Sappiamo che è innocente»

Le serrande abbassate, gli scuri socchiusi. Una grande stella cometa sulla facciata bianca, il ricordo del Natale passato qui con la sua famiglia. Il primo, dopo tanti anni, da donna libera.

Il rifugio di Annamaria Franzoni è una villetta circondata dal giardino nel piccolo borgo di San Rocco, a Monteacuto Vallese, una manciata di case tra tornanti e aziende agricole a pochi chilometri da Ripoli Santa Cristina, dove ha sempre vissuto. La «bimba», come da sempre chiamano in famiglia la mamma di Cogne, se ne sta chiusa in casa, un fortino assediato da cronisti, fotografi e cameraman, come se questi diciassett­e anni non fossero mai passati. Oggi come allora, Annamaria è circondata da amici e parenti che hanno eretto intorno a lei una cortina di silenzio. Tutti pronti a giurare ancora sulla sua innocenza, tutti a disagio per questa nuova ribalta mediatica. «Vuole solo essere dimenticat­a, vuole essere lasciata in pace», dicono in coro i pochi disposti a parlare con i cronisti.

Un cordone di protezione che non si è mai spezzato. Sono tutti pronti a darle una mano, come Giulia che a metà pomeriggio s’infila nella macchina con la sorella per portarle a casa la spesa aprendosi un varco tra cameraman e giornalist­i. La prende in consegna una ragazza molto giovane, una parente di Annamaria, l’unica a uscire dalla villetta: «Sono felice, sono finalmente libera di vivere la mia vita», ha detto Annamaria a Giulia, che l’ha vista crescere e come tutti da queste parti ha solo certezze granitiche: «Non abbiamo mai creduto che fosse colpevole. Ora è contenta e sollevata, può finalmente godersi la sua famiglia e quella libertà che le è stata negata troppo a lungo». Un mantra, un canovaccio mandato a memoria tra gli abitanti del borgo sull’Appennino che sopportano a fatica i cronisti. «Siete brutta gente», sacramenta un uomo al lavoro nell’azienda agricola di famiglia, un podere che dista una manciata di metri dalla casa rifugio della Franzoni, da quella del padre Giorgio, patriarca di una dinastia che da queste parti ha sempre esercitato una certa influenza, rispettati­ssima, e dall’agriturism­o che ieri è rimasto tutto il giorno chiuso, come le bocche dei tanti parenti che vivono qui.

Sono lontani ormai i tempi dell’offensiva mediatica, quando Annamaria passava da uno studio tv all’altro per professare la propria innocenza. Ora si è scelta la strategia del silenzio, dell’indifferen­za, anche se il pensiero fisso di Annamaria è sempre lo stesso: convincere tutti che non è stata lei, che non ha ucciso lei con diciassett­e colpi alla testa il piccolo Samuele, tre anni.

In paese non c’è da convincere nessuno: «Per noi è sempre stata innocente e ora siamo felici che sia libera e che possa avere una vita normale con la sua famiglia», dice Ilaria, che lavora nell’unico supermerca­to del borgo. «L’ho incontrata due, tre volte da quando si sono trasferiti qui, ma la conosco da sempre — dice Antonio Bignami, il nuovo vicino di casa —. Ha aspettato questa notizia con impazienza e ora è assolutame­nte tranquilla, continua a dire che è innocente, lo ripete sempre. Io non so se è stata lei o meno, ma ha fatto da baby sitter ai miei figli e glieli affiderei ancora. Fa una vita tranquilla, tempo fa ho festeggiat­o le mie nozze d’argento all’agriturism­o dei Franzoni e Anna Maria ci ha fatto la torta. Ora è una persona serena».

Intorno alla villetta sono tornate le telecamere anche se della Franzoni e di suo marito Stefano non c’è traccia. Ma sono lì. Lo dimostra la telefona-

ta che parte proprio dalla villetta a metà pomeriggio. Poco dopo arrivano i carabinier­i che identifica­no i cronisti e poi entrano in casa, accolti sempre dalla stessa ragazza. «Lasciatela in pace, ha sofferto anche troppo», si sbraccia una signora che porta a spasso il cane.

Tutt’altra aria si respira a Cogne, lì dove tutto è cominciato. La gente della valle non ha dimenticat­o le accuse e i veleni: «Hanno incolpato dei poveracci, gente che nemmeno poteva difendersi, se fosse dipeso da lei avrebbe incastrato gente del posto per non doversi difendere. Meglio che non torni più qui», dicono in paese. Eppure Annamaria è tornata, proprio nella villetta di Montroz dove il 30 gennaio è stato massacrato il piccolo Samuele. Ha passato lì qualche giorno con la sua famiglia e i figli, prima di ritornare tra le sue montagne. Qui dove ha cercato rifugio dopo la tragedia e dove ora ha ricomincia­to la sua vita da donna libera.

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 ?? A Monteacuto Vallese ?? La nuova villa dei coniugi Lorenzi, in alto un fotografo all’ingresso della casa
A Monteacuto Vallese La nuova villa dei coniugi Lorenzi, in alto un fotografo all’ingresso della casa
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Condanna definitiva Annamaria Franzoni davanti al tribunale di Bologna nell’aprile del 2014

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