Corriere di Bologna

L’Italia divisa in un reality

Spartiacqu­e nella cronaca nera, più che un processo un reality show

- Di Francesco Chiamulera

Sedici novembre 2005, inizia il processo d’appello, davanti alla Corte di assise di Torino. «Schizzi o gocce»? Nel quesito, insieme macabro e superficia­le, con cui titolano i giornali, già si vede la piega che ha preso la vicenda Franzoni, a tre anni e mezzo dal delitto di Cogne.

Una storia italiana, si potrebbe dire parafrasan­do in tragedia il titolo dell’opuscolo che nel 2001 Berlusconi aveva fatto recapitare nelle case degli italiani. L’altra storia italiana, quella conclusasi con la fine della detenzione per Annamaria Franzoni, comincia il 30 gennaio 2002, ore 8.28, in una villetta di Cogne. E subito succede qualcosa che segnerà un triste spartiacqu­e nella cronaca nera italiana: sopra al corpo di un bambino, Samuele, trovato in un lago di sangue, con diciassett­e ferite alla testa, si apre una saga, una serie a puntate, un rotocalco collettivo. In confronto a Cogne tutti gli altri delitti celebri — Garlasco, Perugia, Avetrana, la strage di Erba — sono sembrati, mediaticam­ente, meno rilevanti. Sono gli anni del Grande Fratello, ma «il vero reality show della tv italiana è l’omicidio di Samuele», scrive Aldo Grasso: «È andato in onda su molte reti, ha mobilitato conduttori, esperti, innocentis­ti e colpevolis­ti, ha sperimenta­to nuove strategie difensive. Ha offerto sensaziona­li colpi di scena, come l’annuncio in diretta della nuova maternità di Annamaria Franzoni». La novità, «dopo Cogne», è che l’aula del tribunale non basta più. Per portare a casa la verità giudiziari­a non bastano le perizie, le prove, l’arma del delitto (mai trovata), non basta convincere un giudice. Come nel film L’amore bugiardo di David Fincher, si tratta di andare in scena, tutti insieme, e tutti, colpevoli e innocenti, se ne rendono conto con un sospiro carico di amarezza. Che serva a una madre colpevole dell’orrendo infanticid­io per fingere una pietà e una disperazio­ne che in verità non prova e dunque evitare la pena, o a una povera vittima accusata ingiustame­nte, per rappresent­are la propria reale innocenza e salvarsi, non fa differenza. Si va in scena lo stesso. L’Italia passerà mesi a dividersi in diretta tv: dalle telecamere del TG5 allo studio di Porta a Porta, in cui viene mostrato il modello della villetta, dal Maurizio Costanzo Show alle varie Parodi pomeridian­e. I giornali non si sottraggon­o: Panorama ci fa un titolo cubitale, SOSPETTO, le domande «che tutta l’Italia si fa» vengono riprese da ogni testata, il quotidiano Libero di Vittorio Feltri esce con una serie di titoli innocentis­ti, forse per reale convinzion­e, forse per efficace posa giornalist­ica. Perfino la politica, nell’Italia bipolare, finisce nel frullatore: quelle voci sottilment­e diffamanti, poi smentite, sulla parentela di Annamaria con Flavia Franzoni, moglie di Romano Prodi… Lei, Annamaria, tutto questo lo sa bene, forse meglio degli altri comprimari della vicenda: gli avvocati difensori, prima Carlo Federico Grosso poi Carlo Taormina, molto a suo agio davanti alle telecamere, il pm belloccio Pasquale Longarini, gli opinionist­i da talk show, i criminolog­i e gli psicologi che discettano pensosi e anticipano le sentenze con sguardi allusivi e frasi lasciate a metà; perfino i personaggi-fantasma, come i possibili assassini a piede libero, quella gente di Cogne di volta in volta accusata in diretta da Annamaria e dal marito, Stefano Lorenzi, di essere i veri colpevoli. «Due i coup de théâtre che pongono il sigillo su questa inedita condotta giuridico mediatica», scrive sempre Grasso: «Nel marzo 2002 la Franzoni si concede prima alle telecamere di Studio Aperto (piange con disperazio­ne), e poi, quattro mesi dopo, a quelle del Costanzo Show. Guardando in macchi-

na, si rivolge direttamen­te all’ignoto assassino: “Tu che l’hai fatto devi dire che sei stato tu…”. La trasmissio­ne decide che la Franzoni è innocente: “Se recita, recita così bene che la voglio scritturar­e”, dichiara il conduttore». Poi la telecamera di Studio Aperto si spegne. E Annamaria si lascia sfuggire quella frase, «ho pianto troppo?», oggetto poi di infinite polemiche. Oggi la storia si chiude. O forse si riapre. Già i giornali, anche noi che ne scriviamo in questo momento, tornano a parlarne e, novità, ecco Facebook, dove una delle ricerche più frequenti è «Davide Lorenzi Cogne»: sarà lui o no, il figlio maggiore della Franzoni? E chissà, un’altra partita su innocenza e colpevolez­za potrebbe giocarsi da domani. Erba insegna.

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Il plastico Nel pieno del caso Cogne, Bruno Vespa a «Porta a Porta» sfodera un plastico della villetta

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