L’avvocato Grosso: «Evento mediatico unico»
IL CASO ANNAMARIA FRANZONI
Nella sua lunga carriera ha preso parte ad alcuni tra i più importanti processi italiani ma un caso come quello della Franzoni dice di non averlo mai visto: «Un unicum assoluto, una vicenda che ha suscitato un interesse e un clamore fuori dalla norma, che ha permeato il costume», dice il professor Carlo Federico Grosso, il primo avvocato di Annamaria che dopo averla fatta scarcerare lasciò la difesa in polemica con la strategia mediatica ultra aggressiva scelta dalla famiglia. «Fu un errore, non serviva clamore. Nelle carte c’erano tutti gli elementi per dimostrare la sua innocenza. Ne ero e ne sono ancora convinto». L’avvocato Grosso si dice stupito del ritorno di attenzione seguito alla liberazione definitiva della Franzoni: «Ha diritto all’oblio ed ero convinto che l’avesse ormai raggiunto come obiettivo, ma evidentemente questo caso resta anomalo rispetto ad altri. Spero resti in silenzio e che possa vivere serenamene il resto della sua vita».
Intanto a dispetto della libertà ritrovata, continua l’isolamento della Franzoni che resta barricata nella sua villetta a Monteacuto Vallese. Ha ricevuto qualche veloce visita ma è sempre rimasta in casa.
” Tutta la vicenda fu un unicum, non ho mai più visto un interesse così morboso intorno a un caso giudiziario, per la prima volta in parallelo all’inchiesta c’è stato un processo mediatico
Prima del cambio di strategia, dell’offensiva mediatica, dei salotti tv e dei plastici della villetta di Cogne, la difesa di Annamaria Franzoni seguiva i binari consueti della difesa tecnica. Carlo Federico Grosso, avvocato e giurista, ne fu il principale interprete e riuscì a far scarcerare Annamaria Franzoni. Poi, dopo la nomina dell’avvocato Carlo Taormina , si disse voluta da Giorgio Franzoni, la difesa cambiò registro e il professore si fece da parte. Nella sua lunga carriera Grosso ha seguito i più processi più importanti e si è sempre vantato di stare dalla parte delle vittime.
Nel caso della Franzoni ha fatto un’eccezione?
«Ero e resto convinto che fosse innocente. Ero assolutamente certo che non ci fossero elementi indiziari per condannarla, tanto è vero che il Riesame la scarcerò per mancanza di indizi».
Poi si consumò la rottura. Lasciò la difesa dopo la nomina di Taormina e di due detective privati.
«Ritenevo che dovesse difendersi in modo diverso. Nelle carte a mio parere c’erano validi elementi per una difesa tecnica che avrebbe consentito di dimostrare la sua innocenza. Consigliai di rifuggire dall’esposizione mediatica che già allora era eccessiva ma scelsero un’altra strada. Quella strategia non ha pagato, fu un boomerang a mio avviso. Ripresi la difesa su richiesta della signora prima della Cassazione. Non c’erano elementi nuovi se non quello delle macchie di sangue sulla scena del delitto. Un esame che a mio avviso non rispettò i protocolli. La Cassazione decide diversamente ma non ho mai cambiato idea».
Ora la signora Franzoni è libera, che effetto le fa?
«Sono molto contento che abbia terminato questo suo calvario giudiziario che per me resta ingiustificato. Non ha avuto corsie preferenziali ma solo i benefici previsti dal nostro ordinamento. Mi meraviglia che questo passaggio così scontato susciti ancora un interesse così morboso. Del resto tutta la vicenda è stato un unicum».
Perché il caso ha calamitato l’attenzione dell’opinione pubblica in questo modo e in cosa è stato diverso da altri.
«Ricordo che mi ritrovai nella difesa quasi per caso. Ero in vacanza a Cogne con mia moglie e i miei nipotini quando fu ucciso Samuele e assunsi la difesa su richiesta della famiglia. Mai avrei immaginato di trovarmi in una baraonda simile. Si è creato fin da subito un clima complicato, un interesse massivo della gente e un battage mediatico enorme. Gli italiani si sono appassionati e si sono schierati fin da subito. È stato il primo caso in cui parallelamente all’inchiesta si è costruito un processo mediatico. Mai nessuna vicenda ha assunto un livello così parossistico, ha permeato il costume italiano».
La famiglia ha da tempo scelto il silenzio, anche se Annamaria continua a dire di voler convincere la gente della sua innocenza. Le due cose possono stare insieme?
«Ero convinto che l’oblio fosse già arrivato per lei ma mi sbagliavo. Le dissi più volte in quei giorni difficili di sottrarsi all’attenzione mediatica, il clamore non le serviva. Ci sono altri strumenti, per esempio la revisione, ma servono elementi nuovi che evidentemente non sono stati trovati. Auspico che mantenga il silenzio come sta facendo e mi auguro che possa vivere più serenamente possibile il resto della sua vita».
Di recente Maria Bonaudo, ex procuratrice di Aosta, ha detto di essersi convinta della usa colpevolezza durante l’interrogatorio, quando più volte lei strinse le sue mani.
«Lo ricordo come fosse ieri. Annamaria era psicologicamente distrutta dopo l’arresto. Ho solo cercato di farle coraggio, la vedevo tremare e ho tentato di infonderle sicurezza. Mi stupisce sia stato interpretato in quel modo».