Mihajlovic torna davanti al pubblico del Dall’Ara
La ricetta di Sinisa: «Ci si fa male? Selezione naturale»
Dopo il successo di San Siro, Mihajlovic debutta al Dall’Ara alle 12.30 contro il Genoa. «È più difficile rispetto al match con l’Inter, se non vinciamo quel successo non sarà valso a nulla» ha detto il tecnico. Sinisa ha rivoluzionato la mentalità del Bologna: «Ci si allena a duemila all’ora, con i contrasti veri. Se qualcuno si fa male? Selezione naturale».
Educazione serba, più che siberiana. Il mondo è cambiato a Casteldebole e lo capisci dalle parole di Sinisa Mihajlovic quando spiega la sua filosofia, il modo di approcciarsi al lavoro quotidiano con cui il nuovo tecnico sta cercando di portare il Bologna fuori dai guai. Pragmatismo, realismo e intensità: parole chiave per la nuova vita rossoblù. E non parlategli di atteggiamento giusto, perché quella è la base: «Devi averlo dentro — affonda Mihajlovic — se un mio giocatore sbaglia un gol non me ne frega nulla ma se sbaglia atteggiamento mi incazzo. In Italia si parla sempre di atteggiamento giusto ma deve essere sottinteso: in Inghilterra non lo sbagliano mai, vanno a duemila all’ora sia in allenamento sia in partita. In Premier fanno anche il torello a duemila all’ora, qui durante il torello prendi in giro il compagno che sta dentro».
Piccole cose, ma si parte da quelle. E se gli allenamenti aperti al pubblico stanno mostrando intensità e interventi anche oltre il limite, c’è un motivo. Ed è il manifesto della nuova gestione tecnica: «Le partite non si vincono e non si perdono la domenica, ma durante la settimana. Non posso pensare che la mia squadra sia aggressiva in partita se in allenamento va a due all’ora. E allora ogni giorno ci si mette il parastinchi e se si deve entrare duro si entra: abbiamo cambiato modo di allenarci rispetto a prima, ci si allena intensi, si va a contrasto e non ci si risparmia. Se qualcuno si fa male è selezione naturale. So che finché l’organismo non si abitua può esserci qualche infortunio, come è stato, ma non possiamo fare altrimenti: mi prendo un rischio, ma per salvarci dobbiamo farlo».
Chiaro, no? Ogni allenamento una battaglia. L’infortunio come danno collaterale, per il bene della squadra: dopo settimane di «ragazzi gonfi» (che poi si sgonfiavano il giorno dopo) e di partite lette a tinte rosa nell’era Pippo Inzaghi, sembra essersi capovolto tutto. Anche perché ogni battaglia condiziona le scelte di Mihajlovic: «Se uno gioca e fa bene — spiega — è giusto che giochi ancora. Quando sei titolare quella maglia devi difenderla con i denti perché quando la perdi poi devi aspettare di nuovo il tuo turno e chissà quando sarà. Vale per tutti, è una sana concorrenza». Una filosofia che senza dubbio strizza l’occhio a una tifoseria che da tempo vedeva un Bologna moscio ed arrendevole.
E tra i tanti messaggi mandati alla squadra ce n’è uno anche per la gente, nel giorno del ritorno al Dall’Ara: «Siamo i primi a doverli invogliare. I giocatori hanno bisogno di loro, sanno di essere in debito con la gente e faranno di tutto per pareggiare il conto. Non mi piace fare proclami tipo “venite allo stadio”: devono fare ciò che si sentono, ma a chi viene chiedo di tifare. Poi, semmai, fischieranno a fine partita. È come a teatro: non fischi durante lo spettacolo, alla fine o richiami i protagonisti fuori per applaudirli o li mandi aff….». Decisamente più piacevole il primo, come scenario.
” I tifosi? Non faccio proclami, ma a chi viene allo stadio chiedo di tifare: poi saranno liberi di applaudirci o fischiarci