Longhi, il visionario
Èlo studioso che ha radicalmente trasformato il modo di guardare al Rinascimento, rileggendo Giotto, riscoprendo Piero della Francesca e, soprattutto, ritirando fuori Caravaggio dal cono d’ombra in cui era precipitato, dopo avergli anche dedicato la sua tesi di laurea nel 1911. Roberto Longhi è stato uno dei giganti della storia dell’arte, strettamente legato a Bologna, la città in cui era arrivato nel 1934 dopo aver vinto il concorso per la cattedra di Storia dell’Arte medievale e moderna, che conservò sino al 1949.
Il magistero bolognese è alla base del progetto «Ri-leggere Roberto Longhi», promosso dal Dipartimento delle Arti dell’Alma Mater, che si apre oggi alle 18,30 nel Teatro DamsLab di Piazzetta Pasolini 5/b. Un’iniziativa che è solo la prima tappa di una più ampia serie di omaggi a grandi protagonisti della nostra vita culturale. L’avvio dedicato a Longhi si giustifica anche con la struttura che lo studioso utilizzava per le sue mitiche lezioni, nell’aula II di via Zamboni 33. Davanti ai banchi in legno in cui sedevano personaggi come Pier Paolo Pasolini, Attilio Bertolucci, Giorgio Bassani e Francesco Arcangeli, l’allievo prediletto, Longhi partiva da frammenti di opere utilizzando diapositive. «Longhi — scriveva Pasolini ricordando quelle lezioni a cui assisteva — era prima uomo che professore (cioè maestro) proprio perché non c’era niente di professorale da grattare in lui per ritrovarlo: era subito ciò che era, cioè un uomo superiore: era uomo cioè in quanto superuomo, in quanto idolo, in quanto personaggio da Commedia. Per un ragazzo avere a che fare con un uomo simile era la scoperta della cultura come qualcosa di diverso dalla cultura scolastica. Longhi era sguainato come una spada. Parlava come nessuno parlava. Il suo lessico era una completa novità. La sua ironia non aveva precedenti».
La base critica di Longhi era soprattutto visiva perché insegnava ai suoi allievi a «pensare con lo sguardo», con una voce inconfondibile che individuava idee chiave e le rendeva accessibili. Per questo i tre incontri a lui dedicati, a cura di Daniele Benati, saranno arricchiti da letture di sue considerazioni
affidate ad attrici come Alessandra Frabetti e Marcella De Marinis. A partire da introduzioni di docenti di oggi corredate dalla proiezione di numerose immagini, con lo stesso Benati che si occuperà degli scritti di Longhi
dedicati al Dialogo tra il Caravaggio e il Tiepolo. A fine marzo, domenica 31, toccherà a Fabio Massaccesi introdurre gli studi dedicati a Giotto e il 19 maggio, infine, sarà Irene Graziani a dedicarsi alle riflessioni su Giuseppe Maria Crespi.
Nato nelle Langhe nel 1890 da una famiglia originaria della provincia di Modena, Longhi fu anche appassionato collezionista. Uno storico-detective per molti, «un ventriloquo» che si poneva dinanzi alle immagini per farle parlare per Vittorio Sgarbi. A tutti, non solo agli specialisti, tanto da conquistare e suggestionare tra i suoi studenti anche chi, come Bassani e Pasolini, scelse poi altre strade. «L’opera — secondo Longhi — non sta mai da sola, è sempre un rapporto. Per cominciare: almeno un rapporto con un’altra opera d’arte. Un’opera sola al mondo non sarebbe neppure intesa come produzione umana, ma guardata con reverenza o con orrore, come magia, come tabù, come opera di Dio o dello stregone; non dell’uomo».
Un esploratore di territori sconosciuti, capace di rivelazioni imprevedibili affidate a una scrittura densa e chiarificatrice, come nell’antologia dei suoi scritti Da Cimabue a
Morandi, uscita per i Meridiani. Per Alberto Arbasino, altro suo allievo, «Longhi rimane, accanto a Gadda, il “miglior fabbro” della prosa italiana del nostro ‘900, un sapiente che operava nel palazzo della letteratura come un sultano o un maragià». Longhi non aprì il proprio occhio solo sul passato, ma anche su quello che si muoveva intorno a lui. A cominciare dal lungo sodalizio che instaurò con il coetaneo Giorgio Morandi. Il loro rapporto fu tale che sarà proprio Longhi a ricordare il pittore bolognese al momento della sua scomparsa, nel 1964, durante la trasmissione tv L’Approdo.