L’ultimo sofferto disco dei Subsonica «Un viaggio tra presente e passato»
La band domani all’Unipol. Casacci: «Ci eravamo distanziati. “8” un lavoro difficile»
Domani alla Unipol Arena (ore 21) arriveranno i Subsonica. Max Casacci (chitarra) risponde al telefono al Corriere di Bologna.
Casacci, come si sopravvive in una band?
«In molti modi. Indossando il capello da generale. Oppure trovando un modo di essere in equilibrio. In questo caso si sopravvive cercando di essere poco gelosi di quello che viene prodotto individualmente, cercando una lettura delle cose negli occhi dell’altro, concedendosi delle valvole di sfogo all’esterno del lavoro collettivo».
Osservando i Subsonica dall’esterno sembra che lei abbia fatto da collante per la band. È una sensazione sbagliata?
«In qualsiasi forma di interazione umana esistono dei ruoli. Ma tutti sono tutti funzionali alla tenuta del collettivo. Probabilmente è vero che io abbia fatto da collante ma nel caso mollassi, ci sarebbe qualcun altro che prenderebbe il mio posto».
Il fatto è che tra questo votro ultimo album «8» e il precedente c’è stata una lunga pausa...
«Il fatto che il cantante facesse un disco di canzoni da solista ha maggiormente sottolineato lo stop. A questo giro le traiettorie individuali ci hanno distanziati molto rispetto al passato, quindi siamo tornati tutti a casa con una idea della musica molto diversa e per questo motivo l’ultimo album è stato particolarmente energivoro e difficile».
«8» potrebbe essere considerato l’album assoluto dei Subsonica?
«Lo decideranno le canzoni nella misura in cui rimarranno e saranno decretate importanti. Dal punto di vista della ricerca di noi stessi potrebbe esserlo».
Come mai il feat. di Willie Peyote?
«Willie ha uno stile molto “murazziano”, se i murazzi esistessero anche oggi i suoi album sarebbero in heavy rotation sotto le arcate che ci hanno visti nascere. La collaborazione con Willie non si esaurisce col il feat. ma sarà protagonista anche nei concerti». Nell’ultimo album c’è un brano più rappresentativo rispetto agli altri?
«Ce ne sono diversi. Uno è Punto critico, brano molto Subsonica, che si aggancia al passato ma si apre ad una analisi del contemporaneo. Però c’è anche Le onde, un pezzo dedicato a Carlo Rossi, che in qualche modo rappresenta i Subsonica, intenti attraverso la forma canzone a cercare una lettura del tempo in cui viviamo. Due poli opposti che rappresentano il disco».
Quale rapporto vi lega a Bologna?
«Negli anni 90 era una delle regine dell’Italia musicale, una città in cui il pubblico, più che in altri posti, aveva accesso ad una presenza costante di musica. A Bologna non ci si può permettere di fare brutte figure, la vostra città mette anche un po’ di soggezione. Molta musica è nata da voi, dalla canzone d’autore agli ‘80 dei Gaznevada, fino a Bologna la punk, Bologna dell’Isola nel Kantiere. Mi fa molto piacere che ancora oggi esprima i suoi protagonisti come Lo Stato Sociale, con i quali abbiamo un rapporto di amicizia».
Alcuni anni fa l’hanno vista a Bologna ad un concerto di Morrissey. Quali sono i suoi ascolti?
«Morrissey è l’artista preferito di mia moglie ed è stata una trasferta molto romantica. A parte la curiosità di ascoltare quello che succede in Italia, ho una figlia di sette anni che ogni tanto cerco di orientare e con i Coma Cose siamo riusciti a trovare un territorio comune di ascolto. Ascolto la musica strumentale e tantissima elettronica».
” Il lungo stop Ognuno di noi in questi anni ha lavorato a progetti solisti. Bologna? Mette soggezione