Autonomia, Bonaccini si smarca
Riforme Il ministro dà forfait al convegno in Regione. Confindustria in pressing, i sindacati: avanti ma con il nostro modello Il governatore e le accuse di «nordismo»: proposta emiliana diversa da Veneto e Lombardia
Il governatore Bonaccini difende il percorso dell’Emilia- Romagna verso l’autonomia dai dubbi che arrivano da Cgil e pezzi del Pd. «Non chiediamo un euro in più allo Stato, nessun danno per le altre Regioni», dice Bonaccini, sottolineando le differenze con le richieste di Veneto e Lombardia. Il ministro Stefani assente per «motivi di salute» al convegno della Regione. Venerdì l’incontro con il premier Conte, ma i lavori sono indietro.
Da una parte la Cgil e un pezzo del Pd, che vedono nell’autonomia il cavallo di Troia per «un progetto proto secessionista — dice Luigi Giove della Cgil — che divida l’Italia. Deve essere chiaro che il modello emiliano-romagnolo è alternativo». Dall’altra gli imprenditori, che premono perché la Regione porti a casa al più presto l’accordo: «Perché quando il locomotore ha capacità di traino — dice il presidente di Confindustria EmiliaRomagna, Pietro Ferrari — anche i vagoni vanno più svelti». In mezzo il governatore Stefano Bonaccini, impegnato a evitare strappi e raggiungere un traguardo che, per l’EmiliaRomagna, significherà la gestione diretta di 15 competenze. «Ma non abbiamo mai aperto il capitolo del residuo fiscale — ci tiene a sottolineare — e non chiediamo un euro in più allo Stato a danno di altri territori».
Questa settimana dovrebbe essere decisiva per il percorso autonomista delle Regioni che hanno avviato per prime le trattative col governo: EmiliaRomagna, Veneto e Lombardia. Venerdì 15 è in programma l’incontro tra il premier Giuseppe Conte e i governatori «autonomisti», ma visto lo stato dei lavori a Roma non dovrebbe essere firmato alcun accordo. Il dossier dovrebbe prima passare dalla commissione bicamerale per le questioni regionali e dalla conferenza delle Regioni. Al premier, dunque, verrebbero consegnate venerdì solo le bozze elaborate finora.
«Rinforzeremo l’autonomia di alcune regioni in modo ragionevole per preservare la coesione nazionale. Non sottrarremo nulla al Sud e riequilibreremo con meccanismi di solidarietà l’eventuale pregiudizio per altre regioni», ha detto ieri Conte, nel tentativo di frenare le polemiche arrivate ieri anche al convegno organizzato dalla Regione EmiliaRomagna. Le aspettative erano alte: l’ospite d’onore doveva essere il ministro Erika Stefani, da cui si attendevano parole chiare sui contenuti dell’intesa con l’Emilia-Romagna. Anche perché, ha ricordato Bonaccini, «il Parlamento dovrà votare una legge per ognuna delle singole Regioni». Per problemi di salute, però, il ministro leghista ha dato forfait. «Studierò con attenzione i resoconti e ascolterò Bonaccini», ha scritto Stefani nel pomeriggio, garantendo che «tutte le scelte saranno condivise con la Regione». Ma la sua assenza è stata comunque un’occasione in meno per chi avrebbe voluto chiederle delle resistenze denunciate da Bonaccini: «Con lei abbiamo lavorato bene, ma con altri ministeri la difficoltà è stata molta e in alcuni casi nemmeno superata». Un riferimento alla riluttanza dei dicasteri in quota M5S, come Sanità o Ambiente, che stanno frenando l’iter autonomista. Ma il governatore Bonaccini si trova costretto a fare i conti anche con le critiche del suo partito. «Il Pd dica no a chi vuol spaccare il Paese in due», scrive il segretario del Pd siciliano, Davide Faraone. «Privilegiare le Regioni su temi cruciali per la vita di tutti significa non avere il senso della realtà: le città sono i veri motori del cambiamento», dice il sindaco di Milano Giuseppe Sala. Ma il Pd regionale blinda Bonaccini. L’autonomia dell’Emilia-Romagna «può essere un’occasione di crescita per il Paese», dice Andrea De Maria, che sostiene Maurizio Martina. Il percorso di Bonaccini «va sostenuto», aggiunge Francesca Puglisi, schierata con Nicola Zingaretti.