Quei 286 partigiani ancora in vita e il sogno di una festa normale
I combattenti ancora in vita: sogniamo una festa normale
Sono 286 fra Bologna e la provincia. E sono tutti ultranovantenni, ma ancora con una gran voglia di trasmettere i valori della Resistenza ai ragazzi. Sono i partigiani ancora in vita, come «Italiano» Romagnoli e «Aldo» Bugni.
Non era questo il clima sperato dall’Anpi, che si appresta a celebrare un altro rissoso 25 Aprile e non certo per sua volontà.
I pensieri dell’associazione dei partigiani anche qui a Bologna sono distratti dalle manifestazioni dei neofascisti che inneggiano al Duce (ultima quella dei tifosi laziali ieri a Milano) o dalle dichiarazioni del ministro dell’Interno Matteo Salvini, che definisce la giornata di oggi un «derby tra fascisti e comunisti». E dire che proprio qui, sotto le Torri, l’Anpi si aspettava una vigilia diversa, dopo le ferite da poco rimarginate provocate dal referendum costituzionale del 2016 che aveva portato diversi iscritti (provenienti dal Pd) a non rinnovare la tessera.
«Ci fu una flessione, ci eravamo trovati in seria difficoltà. Ma il tempo come sempre aggiusta le cose», tira le somme oggi la presidente provinciale Anna Cocchi. E così quella perdita, pari al 6-7% di associati, quest’anno è stata quasi del tutto recuperata. «Contiamo 6mila iscritti, più o meno gli stessi degli ultimi anni. Solo Milano ha più tessere rispetto a Bologna». Gli over 40 sono circa 4.500, gli under 40 in tutto 1.500. Tra questi anche 27 giovanissimi, ragazzi e ragazze con meno di 18 anni, i cosiddetti «Amici dell’Anpi», la cui tessera viene spesso regalata da genitori e parenti. Ci sono altre 64 tessere ad honorem, «consegnate ai famigliari dei caduti, laddove ancora ci sono», ricorda la presidente dell’Anpi. E infine i 286 partigiani ancora in vita, ultranovantenni, che risiedono tra il capoluogo e la provincia.
Come Renato «Italiano» Romagnoli, tra i protagonisti della battaglia di Porta Lame e della Bolognina, che con Ermenegildo «Arno» Bugni, attuale segretario provinciale dell’Anpi, è tra i partigiani più attivi. Soprattutto nelle scuole, dove i due spiegano ai più giovani cosa sono stati il fascismo, il nazismo e la guerra per la Liberazione. In questi ultimi anni vorrebbero poter vivere un 25 Aprile «normale». E seppure conservino intatta la tempra del partigiano, lo scetticismo prevale sulla speranza. «Ci sono troppe persone che se ne fregano. E si badi bene, non è detto che chi non vuole festeggiare sia un fascista. Il problema è che la politica non interessa più, per questo vado nelle scuole — racconta Romagnoli — e dico ai ragazzi “non è importante come la pensiate, è importante partecipare con le vostre idee”». Perdono la calma entrambi quando citano Salvini o prima ancora Silvio Berlusconi, ma ai giovani non parlano degli odierni leader politici. «A loro — Bugni ne è convinto — serve una spinta di incoraggiamento». La politica però è lì, non possono ignorarla, «anche perché la festa di Liberazione non trova pace oramai da trent’anni, da quando Berlusconi ha sdoganato il Msi», fa i conti Bugni. Da quel momento in avanti, «gli attacchi alla Resistenza sono stati continui». «E passando gli anni, peggiora», scuote la testa Romagnoli. Secondo Cocchi, «sarà molto difficile sperare in un 25 Aprile senza polemiche, almeno fino a quando ci saranno al governo persone che negano la storia».
A consolarli è lo stato di salute dell’Anpi che si appresta da qui ai prossimi anni a dover camminare sulle proprie gambe, senza la guida dei partigiani che la fondarono. Lo farà contando sull’impegno sul territorio di 50 sezioni (una nuova è stata aperta da non molto a San Benedetto Val di Sambro), una ventina in città e il resto in provincia, seguite da più un migliaio di associati attivi. «Questo è pure il primo anno in cui quasi tutti i Comuni della Città metropolitana — racconta la presidente — hanno chiesto all’Anpi un oratore per il 25 Aprile, segno che siamo un punto di riferimento importante per le istituzioni».
Cocchi è stata la prima donna non partigiana nel 2016 a prendere in mano le redini dell’Anpi bolognese, succedendo proprio a Romagnoli. «Il guaio è che per le persone degne di questo nome il 25 Aprile dovrebbe durare 365 giorni — si lamenta l’anziano partigiano —, altrimenti diventa una celebrazione come tante, perdendo il suo valore essenziale». È anche questo il motivo che lo porta a non nascondere un certo fastidio «quando si parla di Resistenza, perché la nostra fu una lotta di Liberazione». Così, a distanza di 74 anni, una memoria non da tutti condivisa continua a produrre un presente denso di conflitti. E Bugni, figlio di un socialista abruzzese ucciso negli anni 30 dai fascisti, tuttora non si dà pace. «Ma se tornassi a nascere — assicura — rifarei tale e quale quello che ho fatto».
” Romagnoli Non è detto che chi non vuole festeggiare sia fascista Il problema è che la politica non interessa più
Ai ragazzi dico: non è importante come la pensiate, ma è importante che partecipiate con le vostre idee