Bucchi: «Riportare Roma in A, che impresa La Fortitudo non avrà alcun problema»
Il coach giallorosso: «Bella la massima serie con tutte le big. Godiamoci la finale»
Piero Bucchi, questa promozione in A con la Virtus Roma per lei è la quarta…
«Beh non male, visto che nella mia vita in A2 ci sono rimasto quattro anni e mezzo in tutto… Rimini, Napoli, Brindisi, storie molto diverse tra loro, per me tutte bellissime: come con i figli, non ci sono preferiti, anche se ci si ricorda sempre dell’ultima. E alla fine Roma è Roma: qualsiasi cosa fai, si nota di più».
A Bologna non vive più ormai da una vita.
«Resta sempre la mia città, e non ha eguali. Contento che torni ad avere tutte due le squadre in A, come è nella sua natura. Poi non ci abito, ma un bel po’ di amici da salutare ce li ho ancora, e allora ben venga questa finale di A2 contro la Fortitudo».
Entrambe già promosse: ha significato?
«Per noi è l’occasione di salutare e ringraziare il nostro pubblico: la promozione l’abbiamo fatta sabato scorso, lontano da casa. La Fortitudo è vista come una nobile decaduta, come poi siamo anche noi: ci sarà interesse, anche se per due partite senza stress, con l’obiettivo stagionale già acquisito. E naturalmente si proverà anche a vincere».
La vostra promozione nel girone Ovest è stata un’avventura.
«Emozionante fino all’ultimo, difficile, faticosa, siamo stati quasi sempre in testa ma sempre sul filo, e per strada è successo di tutto. Dovevamo guardarci di volta in volta da concorrenti diverse, prima Bergamo, poi Rieti, alla fine Capo d’Orlando, e il girone era più competitivo di quel che sembra. Noi non avevamo certo una corazzata, però si era capito che era una grande occasione e per questo c’era forte aspettativa. La pressione sempre tutta su di noi, ma se
” La Effe è una corazzata, noi no Ma anche noi siamo stati sempre in testa Treviso favorita per venire su
ti chiami Virtus Roma è normale».
Era tornato a Roma il 5 marzo del 2018, il giorno in cui compiva sessant’anni.
«Un rischio enorme: stava lottando per salvarsi, a un passo dal baratro. Siamo passati dalla paura di finire in B al salto in A1 nel giro di 13 mesi: c’è chi ci prova da anni, noi ce l’abbiamo fatta praticamente al primo colpo. Per il basket a Roma è un grande successo, nell’anno del ritorno al PalaEur, di un certo risveglio di interesse. Poi tutto va contestualizzato, niente a che vedere con gli anni dell’Eurolega, budget e tempi totalmente diversi. Ma bisogna vivere il presente».
Roma torna in A dopo cinque anni, lei resta?
«Ho ancora un anno di contratto. Con calma dovremo sederci, con Carotti e Spinelli, gm e ds, e capire bene cosa vogliamo fare. Serve una programmazione seria, a Roma non puoi presentarti per fare una botta e via».
Che Serie A sarà, l’anno prossimo?
«Diversa. Con le 18 squadre, se 18 saranno, cambieranno molte cose. Si è completato o quasi il ritorno delle piazze tradizionali che erano finite in A2: le due bolognesi, Trieste, Roma, e chissà forse anche Treviso, che oggi mi sembra la netta favorita nei playoff per la terza promozione. Aumenterà l’interesse, molti piangono miseria ma alla fine poi tutti trovano sempre il modo di fare squadre all’altezza. In alto Milano ancora troppo distante da tutte, ma sotto e in basso ci sarà grande equilibrio».
La Fortitudo?
«Fortissima, aveva tutto. Poi sul campo le partite bisogna vincerle e non è mai scontato. Con una struttura tecnica e una base di pubblico così, non credo avrà problemi anche in serie A».
Alla sua Virtus, un’occhiata la dà? Sta faticando fuori dalla zona playoff...
«Certo, sempre. Annate così capitano. Sento già parlare di programmare bene l’anno prossimo, ma vediamo prima questa Final Four di Champions League, magari si può raccogliere qualcosa anche subito».