Pensieri e parole di Bosso e Servillo il sound jazz omaggia Lucio Battisti
Imola, domani al teatro Ebe Stignani il concerto-show della rassegna Crossroads
L’estate che si sentiva dai campi di grano e portavano quella poesia di amore profano. Il timore di esser presi per mano. Le dolenti indecisioni e le notti e i giorni che si succedono fino a tutta una serie di incertezze e titubanze con la voce che si sdoppia. E quel verso assertivo, da dentro o fuori, sul filo della disperazione che fa Cara, vai o resti con me. Proprio «Pensieri e parole» è il titolo del concerto-spettacolo di domani atteso al teatro Ebe Stignani di Imola nell’ambito di Crossroads, il festival itinerante organizzato da Jazz Network e dall’Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna (ore 21.15, info 0544/405666). Il concerto è stato realizzato in collaborazione con l’assessorato alla Cultura del Comune di Imola e il Combo Jazz Club di Imola e grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Imola.
Quel brano nasce come singolo (il decimo della coppia Battisti-Mogol) nel 1971, diventa immediatamente un successo da primo posto in hit parade per ben quattordici settimane consecutive e rappresenta senza dubbio alcuno uno dei segni distintivi della produzione di Lucio Battisti. Però, il concerto di domani vuole essere soprattutto un omaggio a tutto tondo all’universo poetico del cantante e compositore scomparso nel 1998. La chiave di rilettura
non è difficile da intuire.
La voce è di Peppe Servillo e il cast di musicisti vede Fabrizio Bosso (artista in residenza) alla tromba, Javier Girotto ai sassofoni, Rita Marcotulli al pianoforte, Furio Di Castri al contrabbasso e Mattia Barbieri alla batteria. Quindi, parliamo di un ensemble di chiara formazione jazz che, aperto a mille influenze, qui incontra la musica popolare più raffinata, lasciandosi ampi momenti di spazio per l’improvvisazione. Territori di confine, dunque, da parte di un gruppo di musicisti che in occasione del ventennale della morte di Battisti si sono trovati insieme a reinterpretare un repertorio che ha attraversato (e attraversa) le generazioni, aggiungendo una particolarità rara di questi tempi: il risultato finale non è quello riduttivo e inflazionato della semplice cover. È questa la vera sfida ardua ma non impossibile.
Il quintetto, attorno alla voce e all’aplomb teatrale di Peppe Servillo, è rodato da circa un decennio. Chi ha avuto modo di assistere alla reinvenzione del repertorio di Domenico Modugno, al tributo a Frank Zappa e, più di recente, alla rivisitazione delle canzoni che gravitavano intorno al Clan di Adriano Celentano, sa di quale tipo di operazioni stiamo parlando. Operazioni che hanno contribuito a ribattezzare il sestetto la «Piccola nazionale italiana del jazz».
Qui la partita si gioca tra i canoni fantasiosi e contestualizzati di un genere come il jazz e uno degli autori più lirici, complessi, intimi della storia della nostra canzone, le cui composizioni, nella loro originalità, erano molto diverse l’una dall’altra e quindi spiazzanti e imprevedibili. Eppure, gli arrangiamenti di Javier Girotto, insieme all’estro da uomo da palcoscenico di Peppe Servillo, sono riusciti a tracciare percorsi inaspettati ricchi di suggestioni e sapori dai ritmi caldi, avvolgenti, persino latini. In una parola: nuovi.
Un repertorio prezioso tornato a risplendere al termine di un lavoro di grande responsabilità. A partire dalla scelta dei brani. Perché non è stato facile scegliere solo venti canzoni, tante sono quelle che compongono il mosaico sonoro di questo tributo, da Il mio canto libero a E penso a te, da Amarsi un po’ a Emozioni.