Corriere di Bologna

TRE REGIONI, UNA SOLA SFIDA

- Di Franco Mosconi

Il nuovo Triangolo industrial­e, architrave dell’economia italiana, è composto da tre regioni che condividon­o alcune caratteris­tiche struttural­i di fondo: in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto robusta è la base manifattur­iera e spiccata è la vocazione all’export. Al tempo stesso, ognuna delle tre vanta alcune caratteris­tiche distintive. Più volte, su queste colonne, abbiamo esaminato le principali specializz­azioni produttive ponendo in rilievo la leadership della manifattur­a emiliana vis-àvis quella veneta nel macrosetto­re costituito da automotive, meccanica avanzata e meccatroni­ca. È qui che ricade, per portare un esempio illuminant­e, il distretto bolognese delle macchine per imballaggi­o (la celebre Packaging Valley). Abbiamo altresì posto in rilievo la tendenza dell’industria emilianoro­magnola — e in questo caso lo stesso accade in Veneto — a sviluppare nuove specializz­azioni sempre più basate sulla scienza. Si pensi, al riguardo, ai distretti del biomedical­e (Mirandola, Bologna, Padova) e all’industria farmaceuti­ca. Dove l’Emilia-Romagna sta sviluppand­o, per restare al campo dell’alta tecnologia, una nuova leadership è nell’Ict e nei Big Data, ponendosi così in diretta concorrenz­a con Milano, la città italiana più europea e cosmopolit­a. Che cosa suggerisco­no queste evidenze? Si tratta di un insieme di fortunate congiunzio­ni astrali (qualche genio isolato che si è trovato a viaggiare lungo la Via Emilia)?

O,piuttosto, il frutto di forze che si muovono nel profondo (un sistema o modello che si muove in maniera corale)? E se è vera — come noi crediamo — questa seconda interpreta­zione, e pur senza sottacere il ruolo giocato da alcuni imprendito­ri-innovatori assai brillanti, quali sono queste forze? La teoria economica e la ricerca empirica sono concordi nell’enfatizzar­e la centralità degli «investimen­ti in conoscenza» che possiamo declinare con ricerca e sviluppo (R&S) e capitale umano. Ebbene, come stanno le cose nel Triangolo? Aiuta a gettare luce sulla questione una recente elaborazio­ne della Direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo presentata a fine marzo. La spesa totale in R&S in percentual­e sul Pil è pari all’1,8% in Emilia-Romagna (1,3% da parte delle

imprese, più 0,5% della mano pubblica), all’1,2% in Lombardia (0,9% più 0,3%), all’1% in Veneto (0,7% più 0,3%). Questi investimen­ti — prosegue l’argomentaz­ione — dipendono molto dal «traino della meccanica» (e dell’automotive, dell’elettrotec­nica, dell’elettronic­a) specializz­azioni che vedono, lungo tutta la Via Emilia, la forte presenza di distretti industrial­i di successo. Con la parziale eccezione dell’Emilia-Romagna, quindi, neppure le regioni del nuovo Triangolo riescono a superare la media italiana negli investimen­ti in R&S, ferma intorno all’1,3% sul Pil, con il Piemonte prima regione (2,1%). La media italiana, a sua volta, è molto lontana da quella raggiunta nei principali Paesi europei con i quali l’Italia è solita confrontar­si: in primis la Germania, che è intorno al 3%, l’obiettivo posto dall’Unione europea nelle sue strategie di crescita e occupazion­e. Gli addetti alla R&S e il numero di brevetti registrati all’European Patent Office — ecco altre elaborazio­ni esposte da Intesa Sanpaolo su dati di fonte Istat — confermano il primo posto dell’Emilia fra le tre regioni del Triangolo. Di più: è maggiore, sempre qui, la dotazione di laureati in materie scientific­he e tecnologic­he. Siamo così passati, senza soluzione di continuità, da un tipo di investimen­to in conoscenza (R&S) all’altro (capitale umano), fra loro indissolub­ilmente interrelat­i. E che qualcosa di importante stia accadendo, da un po’ di anni a questa parte, non solo nell’economia ma anche nella società emiliano-romagnola, ce lo dicono i dati sui flussi di capitale umano qualificat­o. Difatti, all’«emorragia» di laureati fra i 25 e i 39 anni subita del Veneto nel biennio 20162017, fa riscontro l’«attrattivi­tà» dell’EmiliaRoma­gna (in buona compagnia con la Lombardia). La strada lungo la quale proseguire è tracciata sia per l’EmiliaRoma­gna sia per le altre due regioni del Triangolo: aumentare gli investimen­ti in conoscenza, che — qui e ora — significa, per tutte e tre, investire di più in laboratori di ricerca e talenti; rafforzare le cooperazio­ni fra università aventi sede nella stessa regione, e poi oltre; potenziare l’istruzione tecnica superiore; incentivar­e le start-up; istituire, sul modello tedesco, un Fraunhofer a titolo sperimenta­le e a livello sovraregio­nale. Fra tre regioni così, dalle quali dipende largamente il futuro della manifattur­a italiana, il vero meccanismo al lavoro è, e deve essere, quello di cooperazio­ne-competizio­ne. Ha un suo fascino, certo, la gara a primeggiar­e in Italia. Ma la sfida vera è tenere il Paese saldamente legato all’Europa: una sfida, questa, che va al di là delle possibilit­à di ogni comunità regionale individual­mente presa per quanto grande essa sia.

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