Virtus, una centrifuga in cerca di sé stessa Sasha con pieni poteri servono soldi e stabilità
Da club vincente a regno di sfiducia e disordine
Vent’anni di ribaltoni e programmi tecnici spesso abbozzati e ancora più spesso mai completati non si cancellano con un colpo di mano d’un mese né soltanto con l’iniezione di molto denaro. È la recente storia della Virtus a raccontare i motivi di questa ennesima annata balorda, che come abbiamo già avuto modo di scrivere sarebbe salvata solo parzialmente da un eventuale — e oggi improbabile — successo in Champions League. Una centrifuga di cambiamenti, dirigenti avvicendati, intrighi interni, tradimenti, incapacità, pochi quattrini. E se per anni la Virtus ha vissuto di espedienti, tirando a campare, oggi le ambizioni rinnovate e gli investimenti della gestione Segafredo Zanetti solleticano la voglia di successo. Ma non è ancora la strada percorsa dal club.
Il prossimo anno. Recitato come un mantra, il traguardo si sposta avanti e con esso anche la speranza dei tifosi di potersi stringere attorno a una Virtus finalmente credibile e amabile. La questione tecnica sarà affidata a Sasha Djordjevic con pieni poteri, lo stesso salutato come un salvatore dopo la defenestrazione di Stefano Sacripanti — allenatore imposto e mai amato da molti — e adesso già messo in croce per le sconfitte in serie e le prestazioni della squadra, inchiodata al dodicesimo posto. Sasha è un allenatore da nazionale, abituato ad avere tra le mani giocatori fatti, se non addirittura di caratura Eurolega. Il suo metodo di lavoro va tarato alle esigenze di un club oggi più piccolo, ma non è ipotizzabile che si trasformi magicamente in un coach da navi di piccolo cabotaggio. Perciò il budget — coppe o non coppe — dovrà tenerne conto, se la scelta di Djordjevic — che sul mercato è già attivissimo — è una scelta di programma.
E sarebbe ora che lo fosse. In due decadi la Virtus ha maciullato sedici allenatori prima del serbo. Più dodici dirigenti operativi, cinque proprietà — anche sminuzzate — e svariati presidenti. E ci si avvia a un nuovo scossone: si è spento Alberto Bucci, è in uscita l’ad Alessandro Dalla Salda, il consiglio d’amministrazione andrà ricostituito. Sotto, Paolo Ronci lavorerà accanto a Djordjevic e verrà inserito Marco Sambugaro con un ruolo di supporto.
Ma è chiaro che al di là dei nomi, c’è un muro che da troppo tempo sputa fuori dalla Virtus chi s’avvicina a ruolo di gestione. S’è partiti dalla società corta Cazzola-Brunamonti, s’è arrivati a una stagione devastante inaugurata dalle dimissioni del consigliere Claudio Albertini, poi l’addio al presidente, la liquidazione del direttore sportivo, l’ingresso di un dirigente di raccordo con la proprietà, l’ingaggio di due allenatori e una pletora di giocatori via via scollatisi dall’ambiente e tra loro. Un mappazzone senza senso e, inevitabilmente, travolto dagli eventi.
È chiaro che questa linea è insostenibile per una società sportiva, figurarsi per la Virtus che ha pressioni, obblighi
La Champions non basterà per salvare una stagione ancora senza i playoff
e azionisti esterni (chi paga il biglietto) da Eurolega. Dilapidarne il patrimonio è stata una ricorrenza inesorabile in vent’anni amarissimi. Ma mai, in questa lunga attesa di un salvatore, il club ha avuto le attuali disponibilità finanziarie. Sprecarle sarebbe un delitto inaccettabile.