L’Orchestra, l’amore per la città, l’eredità di Abbado: «Musica come missione civica contro l’alienazione»
Petrilli (flauto) e Senese (violino)
Un direttore d’orchestra dopo la sua scomparsa lascia le incisioni, certo, il ricordo, ma soprattutto continua a vivere in quelli che hanno suonato con lui. Claudio Abbado ha fondato e fatto crescere meravigliose orchestre, una di queste sotto le Due Torri.
È la Mozart, un ensemble che, scomparso il suo inventore, Bologna e la sua più antica istituzione musicale, l’Accademia Filarmonica, hanno voluto tornasse a vivere. Da stasera a domenica nella città si svolgerà l’«Orchestra Mozart Festival», che non è solo una rassegna di musica come altre, come ci spiegano due componenti del suo «board», il flautista Mattia Petrilli e il violinista Francesco Senese. Oggi è ancora necessaria la musica classica?
Petrilli: «Claudio Abbado ce lo ha insegnato: un buon musicista è innanzitutto un buon cittadino. Con la nostra orchestra ci sentiamo portatori di un messaggio di bellezza, di cultura, quanto mai necessario oggi. Dobbiamo portarlo avanti anche uscendo dalle sale da concerto, per contrastare altre forme di comunicazione che stanno alienando. Per noi la musica è una sorta di missione – un’occasione per dialogare con gli altri». Vogliamo risalire alle origini
dell’orchestra?
Petrilli: «Fondata nel 2004, subito si caratterizza come comunità in cui si affiancano grandi cameristi, solisti di fama mondiale e giovani italiani, che crescono in simbiosi con quei maestri. L’orchestra si ferma dopo la morte di Claudio, e riprende a vivere dopo il 2017 con Bernard Haitink, che già lo aveva sostituito negli ultimi concerti».
Voi, come siete entrati nella Mozart?
Petrilli: «Partecipavo a un corso di formazione dell’Accademia Filarmonica. Proprio in quel periodo stavano facendo audizioni per il nuovo ensemble e sono stato selezionato».
Senese: «Io stavo studiando all’estero. Quando ho saputo di questa possibilità mi sono precipitato. È da allora è stato un processo di crescita continua, grazie ad Abbado e al fatto di ritrovarmi al fianco di grandi musicisti, in orchestra o in formazioni più piccole da camera, facendo gruppo oltre le prove. Ognuno ha dato ai compagni sempre qualcosa, dal punto di vista artistico e umano. Abbiamo condiviso 15 anni: senza questa esperienza non saremmo quello che siamo oggi, anche fuori dalla Mozart».
Il festival si apre con la sinfonia concertante per oboe, fagotto, violino, violoncello e orchestra di Haydn e con l’«Eroica» di Beethoven, dirette da Haitink. Domani incrocio di classici e autori del Novecento…
Petrilli: «Saranno diversi concerti di musica da camera, sempre al Manzoni, alle 17. Eseguiremo il “Sestetto per fiati in mi bemolle maggiore” di Beethoven e il “Quintetto per archi n. 4 in sol minore” di Mozart, ma anche due brani d’ispirazione letteraria “Scrivo in vento” per flauto solo di Elliott Carter, dal sonetto di Petrarca, legato al contrasto tra uomo e natura, e “Sei metamorfosi da Ovidio” di Britten».
Uscirete anche dalle sedi canoniche?
Senese: «Ci sarà un concerto off sabato sera al bar Ducati di via D’Azeglio. Domenica mattina porteremo formazioni da camera a Palazzo Isolani. E ci dedicheremo alla formazione: sabato pomeriggio terremo un laboratorio per bambini».
Domenica l’ultimo concerto
Senese: «Con l’ouverture dal “Sogno di una notte di mezza estate” di Mendelssohn, il “Concerto per pianoforte e orchestra in mi bemolle maggiore” di Mozart, con Martin Helmchen al pianoforte, e la “Sinfonia n.5” di Schubert, sempre al Manzoni alle 17».
Quanto è importante Bologna per un’orchestra internazionale come la vostra?
Senese: «Siamo nati e cresciuti in questa città. Siamo legati alla Filarmonica, è la nostra casa. Qui abbiamo un pubblico che si segue e ci adora. Anche i musicisti stranieri si sentono parte della città. Per questo abbiamo pensato col festival di invadere Bologna di musica, per ricambiare l’affetto di questa che consideriamo la nostra casa».