La Traviata di Bernard al Comunale
Pupi Avati, cinquant’anni di carriera, sarà presidente della giuria del Festival La Settima Arte. Dal 3 maggio a Rimini
Il regista: finalmente una kermesse sull’industria di un cinema agonizzante
«Sono davvero onorato di essere il presidente della giuria di un Festival dedicato finalmente all’industria cinematografica». Pupi Avati, ottanta primavere lo scorso 3 novembre, di cui cinquanta passate a dirigere e a produrre film tra cinema e televisioni sarà tra i protagonisti del Festival la Settima Arte di Rimini, la kermesse in partenza giovedì 3 maggio, dedicata alle eccellenze della filiera del cinema, tra produttori, scenografi e costumisti. Il regista bolognese è chiamato a presiedere il comitato che decreterà il vincitore la sera del 5 maggio. Il Festival La Settima Arte – Cinema Industria propone un ricco il palinsesto di eventi. In calendario ci sono conferenze, incontri e mostre e, soprattutto, proiezioni tra cui alcuni film cult di Avati cui è dedicato proprio un focus: si potranno vedere sul grande schermo La casa delle finestre che ridono e Zeder, capolavoro del genere horror all’italiana. Quel filone che il regista bolognese ha scelto di riproporre al pubblico con la sua ultima fatica cinematografica, Il signor Diavolo, «che uscirà in sala il prossimo 22 agosto», sottolinea Avati. Tra gli altri appuntamenti, imperdibile, il tributo di David Lynche a Federico Fellini con la mostra «Dreams», che raccoglie undici litografie del cineasta statunitense ispirate dall’ultima scena del capolavoro 8½ e alcuni disegni dello stesso Fellini scelti dal regista americano. L’esposizione sarà allestita a Castel Sismondo, nel centro storico del capoluogo. Sul fronte delle conferenze, saliranno in cattedra, per raccontare e spiegare le professioni del cinema, il critico Paolo Mereghetti, Daniele Ciprì, sceneggiatore, direttore della fotografia e regista (tra i suoi lavori Fai bei sogni, Totò che visse due volte e Salvo), Carlo Poggioli, costumista di The Young Pope e Loro di Sorrentino, tra gli altri. La kermesse è promossa da Confindustria Romagna e Khairos Srl, la società che gestisce il rinnovato Cinema Fulgor in collaborazione con il Comune di Rimini.
Pupi Avati, nelle sue parole c’è molto entusiasmo per questa nuova manifestazione riminese, dove tra l’altro saranno proiettati alcuni suoi film, cosa la convince così tanto del Festival - la Settima Arte?
«Dopo aver assistito a premi e festival dedicati solo all’aspetto artistico della cinematografia è una bella soddisfazione.
Un plauso agli organizzatori è d’obbligo ed è doveroso».
Un Festival dunque di cui lei sentiva il bisogno, che mancava almeno nel nostro Paese. C’è un motivo particolare?
«Oltre al fatto che assistiamo quasi sempre a manifestazioni e premi dedicati ad attori e registi? È già un buon motivo ma c’è dell’altro».
Cioè?
«Finalmente si rende onore ad una filiera – quella industriale - il cui peso e il cui ruolo passa spesso in secondo piano. Lo posso testimoniare perché io stesso ho una casa di produzione che lotta con le unghie e con i denti per navigare in buone acque e lo fa da trentacinque anni. Interessante, in un momento di crisi profonda del cinema italiano che venga offerta una nuova prospettiva da esplorare».
Il Festival è in Romagna, nella città di Federico Fellini, una terra cui ha dichiarato più volte di sentirsi legato
«L’ho frequentata per tanti anni anche da giovane. Adoro lo spirito dei romagnoli, passionali e appassionati sempre con la battuta pronta. A volte (sorride, ndr) rimpiango di essere nato emiliano, qui sono più materialisti, e penso che sarebbe stato bello essere romagnolo. Comunque, sono contento anche delle attività condotte dalla Fondazione Fellini, e, ripeto, non posso che rivolgere complimenti a chi ha organizzato questo Festival».
Torniamo al cinema. Dice che è in crisi: si riferisce a qualcosa in particolare o, in generale, ad una sofferenza del settore?
«Sono tante le cose per cui potremmo dire che il cinema italiano è agonizzante. Provi a chiedere a un giovane cosa ne pensa di trascorrere una serata al cinema. Le risponderà che costa troppo e che è meglio spendere quei soldi in un ristorante o in un pub. A livello gestionale, credo che si dovrebbe essere più protezionisti. Ma io parlo anche di una crisi delle idee. Sono poche quelle coraggiose che passano in sala davanti agli spettatori. In Italia il cinema si sta appiattendo. Ci si adagia sulla commedia, si punta sul comico di turno e si lasciano scomparire gli altri generi. Negli States non è così: lì ritroviamo ancora il giallo, il thriller, l’horror. A casa nostra abbiamo poco coraggio anche a livello di produzione».
Il 22 agosto esce il suo Il Signor Diavolo, un ritorno al genere horror. Ha scelto di rischiare, dunque, di fronte all’agonia e al poco coraggio del cinema?
«Sì. Non a caso stiamo parlando di un film rifiutato da diversi produttori. Il Signor Diavolo uscirà per altro in estate in un periodo che in Italia non era contemplato in quella che viene definita la stagione cinematografica. Con l’arrivo dei mesi caldi, molti cinema, per dire, chiudono. Invece con l’iniziativa “Moviement” cui abbiamo aderito, quest’anno tante sale cinematografiche saranno attive con nuove proposte anche in Italia. Almeno questo è un buon segno, come l’appuntamento di Rimini».
” Romagna Adoro lo spirito dei romagnoli passionali e appassionati sempre In Emilia si è più materialisti mi sarebbe piaciuto essere nato lì