Priolo e i (troppi) «no» dei comitati: «Città ostaggio dei conflitti»
«La sindrome di Penelope è stata deleteria. Ora serve coraggio»
Le firme contro il tram, i comitati «anti», le opere progettate ma ferme: l’assessore alla Mobilità Priolo, alle prese con il «civismo» bolognese, dice la sua: «Basta dire no a prescindere, questa città è ferma da vent’anni. La mobilità? Soffre della sindrome di Penelope. Ora bisogna andare avanti».
«Questa è una città barzelletta, bisogna andare avanti». Qualche giorno fa, durante la seduta congiunta dei consigli dei quartieri Porto-Saragozza e Borgo-Reno sul tram, disertata per protesta proprio dai cittadini contrari al tram, l’assessore alla Mobilità Irene Priolo si è tolta un sassolino dalla scarpa. «Non portiamo a casa finanziamenti pubblici per infrastrutture del trasporto pubblico da più di 15 anni — ha detto l’assessore dem — perché ancora stiamo usando i fondi del tram che non è mai stato fatto. Ma sono fondi vecchi, le altre città nel frattempo sono andate avanti». I cittadini, le loro esigenze, le loro richieste e la difficile arte di governare: un filo teso, sottilissimo, quindi traballante, su cui gli amministratori spesso vacillano. Perdere la pazienza è un attimo. Lei, Irene Priolo, che solo qualche giorno prima dell’incontro sul tram, era stata protagonista di un battibecco con un gruppo di residenti contrari all’apertura della nuova Roveretolo, in zona Zanardi, sostiene che la pazienza l’ha persa pochissime volte in realtà.
Ma, assessore, ci dica: Bologna soffre di troppo «civismo» secondo lei?
«Il “civismo” è un valore aggiunto. Il problema sono i no a prescindere, quelli che arrivano quando ancora non si conoscono i progetti, ma vengono cavalcati per opportunismo politico. Ma è anche forse il segno di una politica che non sa guardare oltre i propri steccati. La sindrome di Penelope soprattutto in mobilità è stata deleteria e ci ha fatto rimanere indietro di 20 anni rispetto ad altre città. Ma devo riconoscere a Merola la capacità di fare scelte coraggiose».
I no al Passante, ai progetti sui Prati di Caprara, al People mover, ora 3.500 firme contro il tram, oltre ai comitati estemporanei su vari progetti. Come si fa, da amministratore, a conciliare l’ascolto dei cittadini con il bisogno di andare avanti?
«Le esigenze vanno ascoltate, ma poi alla politica spetta il compito della sintesi. Non possiamo rimanere fermi ai dibattiti. Non mi preoccupano i comitati, ma il perenne livello di conflitto che ne discende, che non consente un dialogo costruttivo. Invece serve una forte alleanza con i cittadini. Sono per unire e non per dividere».
Sinceramente: se le aspettava tante firme contro il tram? Ci dica perché a Bologna serve quest’opera.
«Sembrerà strano, ma francamente non mi sembrano tante. È un’opera che riguarda l’intera città. Il tram serve a migliorare la vita dei cittadini, la riqualificazione urbana, l’ambiente, ma è proprio questo il punto. Vogliamo meno traffico, ma poi osteggiamo le opere che vanno in questa direzione. E qui stiamo parlando di un’opera sostenibile per eccellenza. In tutta Europa e adesso anche in Italia si fanno tram e, dove l’hanno già, stanno tutti chiedendo di potenziarlo. Siamo in concorrenza con le altre città per il finanziamento e non possiamo rimanere indietro anche stavolta. Non dobbiamo aver paura dei cantieri, che nel caso del tram non sono un male: il beneficio atteso supererà i disagi temporanei. Per risolvere i problemi da qualche
” Il «civismo» bolognese Non mi preoccupano i comitati di cittadini, ma il perenne livello di conflitto che ne discende
parte bisogna partire».
I cittadini hanno lamentato in questi anni forme di partecipazione e di coinvolgimento «fittizie», dove le promesse fatte pubblicamente non hanno avuto poi un riscontro. Non è il caso di cambiare modalità?
«Il percorso del tram è ancora lunghissimo, spero che i cittadini non si stanchino di partecipare agli incontri. Dobbiamo accogliere i loro bisogni e intervenire dove possibile. Abbiamo attivato un percorso diverso rispetto alle altre opere che alla lunga pagherà. L’incontro dei consigli di quartiere aperti è stato positivo, sbaglia chi è mancato per protesta. Vuol dire che qualsiasi cosa tu faccia non va bene. Se una cosa ti interessa partecipi. Anche perché sono stati assenti proprio quelli che l’han chiesto».
Ultimamente ha avuto confronti vivaci con i cittadini. È successo da poco anche al taglio del nastro della nuova Roveretolo.
«Il caso della nuova Roveretolo è emblematico. Un’opera attesa da 20 anni. Ma adesso siamo in campagna elettorale e tutto fa brodo per portare consensi attraverso il dissenso. Io credo comunque che poi esista una maggioranza silenziosa contenta dell’intervento.Purtroppo si usa sempre più spesso un linguaggio urlato e denigratorio che apprezzo poco, come la maleducazione».
Mettiamo (utopia) che non ci siano più petizioni contro le infrastrutture. Come la immagina Bologna fra 10 anni?
«Con dei tram bellissimi. Trasformata e riqualificata. Con potenzialità pari a quelle di Milano in termini di trasformazioni urbane. C’è però bisogno di coraggio e non di paure».