ELEZIONI, SICUREZZA E TERRITORI
L’esito del voto europeo ha varie motivazioni, talvolta contraddittorie e per certi aspetti mutevoli al cambiare delle latitudini, come ha indicato il direttore Alessandro Russello nell’editoriale di martedì riflettendo sulle parole d’ordine di Matteo Salvini. Tra di esse, «sicurezza» è comunque una costante che, peraltro, con accenti diversi troviamo pronunciata in gran parte d’Europa. Per capirne davvero il significato, che va ben oltre la protezione dalla criminalità, sono utili un paio di termini su cui hanno lavorato due illustri studiosi. Il primo vocabolo è «retrotopia», neologismo creato da Zygmunt Bauman nonché titolo del suo libro uscito nel 2017 per i tipi di Laterza. Il saggio del grande sociologo di origine polacca punta l’attenzione non tanto sulla fine delle utopie quanto sul ribaltamento delle speranze collettive che, appunto, anziché essere rivolte al futuro guardano al passato. Se le giovani generazioni non hanno più la prospettiva di migliorare la loro condizione rispetto a quella dei genitori, se la tecnologia è diventata talmente veloce e potente da bruciare troppi posti di lavoro, se l’apertura delle frontiere equivale alla partenza dei nostri cervelli più promettenti e all’arrivo di disperati che reclamano un po’ del nostro benessere, se la globalizzazione ha generato colossi capaci di sfuggire a ogni controllo statale e di prosperare senza pagare le tasse, allora diventa comprensibile la ragione per cui molti vedono la luce solo nello specchietto retrovisore.
Èun’illusione perché tornare indietro è sempre una sconfitta che non risolve i problemi, ma per creare la fiducia in un’alternativa credibile sono vane le formule retoriche e pure gli appelli etici. In più, la retrotopia sfrutta la nostra memoria distorta, quella che conserva i momenti belli della gioventù e relega all’oblio le ansie lontane. Come se non bastasse, dobbiamo fare i conti con un’altra sensazione scomoda, la «solastalgia» che per Glenn Albrecht indica il disagio dovuto ai cambiamenti ambientali e che per il sociologoantropologo Bruno Latour definisce «la nostalgia di casa senza averla mai lasciata». Il territorio, evidenzia l’intellettuale, è l’insieme di fattori e soggetti in grado di garantirci condizioni durature di sussistenza. Ma oggi noi «viviamo di un paese che non è il nostro» perché siamo condizionati da risorse e decisioni che sfuggono all’orizzonte personale. Secondo Latour, «tutte le questioni politiche dipendono dalla crisi ecologica generalizzata». In un simile contesto, appare dunque comprensibile come gli elettori emilianoromagnoli abbiano premiato la buona amministrazione locale, in grado di dare un valore positivo al concetto di territorio, e si siano tenuti al riparo dal vento sovranista. La sicurezza si ottiene anche da una risposta efficiente ai bisogni della comunità, motivo per cui la rivendicazione della Regione di maggiore autonomia non è un cedere alla moda del momento ma un modo per contrastare il diffondersi della solastalgia. Non a caso, il governatore Bonaccini oggi sarà al Festival dell’economia di Trento per confrontarsi con il suo collega leghista Fugatti proprio sul tema del decentramento.