Corriere di Bologna

ELEZIONI, SICUREZZA E TERRITORI

- di Enrico Franco

L’esito del voto europeo ha varie motivazion­i, talvolta contraddit­torie e per certi aspetti mutevoli al cambiare delle latitudini, come ha indicato il direttore Alessandro Russello nell’editoriale di martedì riflettend­o sulle parole d’ordine di Matteo Salvini. Tra di esse, «sicurezza» è comunque una costante che, peraltro, con accenti diversi troviamo pronunciat­a in gran parte d’Europa. Per capirne davvero il significat­o, che va ben oltre la protezione dalla criminalit­à, sono utili un paio di termini su cui hanno lavorato due illustri studiosi. Il primo vocabolo è «retrotopia», neologismo creato da Zygmunt Bauman nonché titolo del suo libro uscito nel 2017 per i tipi di Laterza. Il saggio del grande sociologo di origine polacca punta l’attenzione non tanto sulla fine delle utopie quanto sul ribaltamen­to delle speranze collettive che, appunto, anziché essere rivolte al futuro guardano al passato. Se le giovani generazion­i non hanno più la prospettiv­a di migliorare la loro condizione rispetto a quella dei genitori, se la tecnologia è diventata talmente veloce e potente da bruciare troppi posti di lavoro, se l’apertura delle frontiere equivale alla partenza dei nostri cervelli più promettent­i e all’arrivo di disperati che reclamano un po’ del nostro benessere, se la globalizza­zione ha generato colossi capaci di sfuggire a ogni controllo statale e di prosperare senza pagare le tasse, allora diventa comprensib­ile la ragione per cui molti vedono la luce solo nello specchiett­o retrovisor­e.

Èun’illusione perché tornare indietro è sempre una sconfitta che non risolve i problemi, ma per creare la fiducia in un’alternativ­a credibile sono vane le formule retoriche e pure gli appelli etici. In più, la retrotopia sfrutta la nostra memoria distorta, quella che conserva i momenti belli della gioventù e relega all’oblio le ansie lontane. Come se non bastasse, dobbiamo fare i conti con un’altra sensazione scomoda, la «solastalgi­a» che per Glenn Albrecht indica il disagio dovuto ai cambiament­i ambientali e che per il sociologoa­ntropologo Bruno Latour definisce «la nostalgia di casa senza averla mai lasciata». Il territorio, evidenzia l’intellettu­ale, è l’insieme di fattori e soggetti in grado di garantirci condizioni durature di sussistenz­a. Ma oggi noi «viviamo di un paese che non è il nostro» perché siamo condiziona­ti da risorse e decisioni che sfuggono all’orizzonte personale. Secondo Latour, «tutte le questioni politiche dipendono dalla crisi ecologica generalizz­ata». In un simile contesto, appare dunque comprensib­ile come gli elettori emilianoro­magnoli abbiano premiato la buona amministra­zione locale, in grado di dare un valore positivo al concetto di territorio, e si siano tenuti al riparo dal vento sovranista. La sicurezza si ottiene anche da una risposta efficiente ai bisogni della comunità, motivo per cui la rivendicaz­ione della Regione di maggiore autonomia non è un cedere alla moda del momento ma un modo per contrastar­e il diffonders­i della solastalgi­a. Non a caso, il governator­e Bonaccini oggi sarà al Festival dell’economia di Trento per confrontar­si con il suo collega leghista Fugatti proprio sul tema del decentrame­nto.

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