Gli Agnelli bolognesi, dal sistema anti frane al colosso industriale Epopea lunga 140 anni
Storia dell’azienda di famiglia
La «Ditta Maccaferri Raffaele, Officina da Fabbro» debutta nel registro delle imprese il 3 maggio 1879. La storia imprenditoriale degli Agnelli bolognesi comincia a Lavino, pochi passi da Zola Predosa. Per la verità, i Maccaferri erano originari di Sacerno. Raffaele aveva deciso di sposarsi a Zola portando con sé la moglie, due figlie e due figli, Angelo e Luigi. Con l’azienda erano nati i capannoni e la casa per tutta la famiglia. La svolta della storia arriva da Calderino: lì la strada era continuamente interrotta dalle frane. Luigi scommette una lira che riuscirà a bloccare gli smottamenti. Ci riesce con una sistema che prevede una serie di reti in filo di ferro che vengono riempite con i sassi in caduta. Così Luigi può incassare la scommessa e tracciare la strada per gli eredi. Lo stesso sistema lo utilizzerà il giovane Gaetano — uno dei sette figli di Angelo — per mettere in sicurezza la Chiusa di Casalecchio. Il medesimo copione arriverà anche per il Tevere e l’Arno. Investimenti e diversificazioni che trasformano l’azienda in un colosso. La sede in via del Carbone (piazza Roosevelt), una fabbrica a Napoli e pure una succursale in Francia. Così a inizio secolo nasce la grande impresa che, nel 1949, trova il suo assetto definitivo in Seci, la società esercizi commerciali industriali. Oggi la holding controlla più di 100 società, genera oltre un miliardo di fatturato con quasi 5mila dipendenti sparsi in giro per il mondo. L’epopea dei Maccaferri dura da 140 anni. Nel frattempo le altre grandi famiglie dell’aristocrazia industriale della città (dai Goldoni ai Regazzoni) hanno alzato bandiera bianca. Sono stati sostituiti da altri. I Maccaferri no; loro ci sono sempre stati. Anche se nel corso degli anni hanno dovuto rinunciare a qualche gioiello. Negli anni Ottanta con i Goldoni vendettero l’Hatù, il glorioso marchio tricolore di profilattici. Poco dopo fu la volta della cessione di un altro gioiellino, la Cesab, con i carrelli che passano prima agli svedesi di BtIndustries e infine al colosso Toyota. Nel 2016 va sul mercato anche la partecipazione in Eridania Italia che viene ceduta alla francese Cristal Union. Ora per la generazione dei nipoti arriva un altro passaggio cruciale.