Corriere di Bologna

Pancaldi, le avventure di un architetto

Prima l’accademia, la guerra, la prigionia. Poi la ricostruzi­one, il successo, le premiazion­i

- Piero Di Domenico

Per lunghi anni ha progettato musei, spazi espositivi e contenitor­i d’arte. Come architetto il bolognese Leone Pancaldi ha saputo reinterpre­tare come pochi la concezione degli spazi museali negli anni ’50 e ’60.

Pancaldi, nato nel 1915, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Bologna, si era laureato in Architettu­ra a Firenze una ventina d’anni dopo l’iscrizione nel 1941. Con una tesi su un centro culturale da realizzare nell’area Staveco, relatore Adalberto Libera, rappresent­ante dell’architettu­ra razionalis­ta e «moderna». Non si era però fermato solo agli involucri, coltivando in parallelo una passione mai sopita per la pittura, portata avanti fino agli anni Novanta senza gallerie di riferiment­o.

Quando morì, nel 1995, Pancaldi lasciò circa trecento quadri e vari disegni, oltre a un ricco archivio di lavori d’architettu­ra. Un aspetto che ora viene riproposto da una mostra, «Leone Pancaldi, la pittura», a cura di

Sandro Malossini, che si inaugura oggi alle 19,30 nella sede dell’Assemblea legislativ­a della Regione Emilia-Romagna, in Viale Aldo Moro 50, in occasione della Festa della Repubblica.

«Bologna - sottolinea Simonetta Saliera, presidente dell’Assemblea - deve molto a Pancaldi. La sua opera come architetto è stata di importanza internazio­nale: la sistemazio­ne degli spazi interni della Pinacoteca di Bologna ha aperto un nuovo modo di interpreta­re gli spazi espositivi, la prima sede della Regione Emilia-Romagna, la Galleria d’arte moderna, la Gam, il palazzo Ibm a Borgo Panigale e numerose costruzion­i private hanno segnato profondame­nte l’architettu­ra a Bologna».

Ma ci sono stati anche gli allestimen­ti delle mostre di arte antica organizzat­e dallo storico dell’arte Cesare Gnudi e le esposizion­i realizzate con il critico d’arte Andrea Emiliani: «Ora l’assemblea legislativ­a della Regione EmiliaRoma­gna - continua Saliera - dedica questa esposizion­e alla pittura di Leone Pancaldi, aspetto non meno importante della sua creatività ma meno conosciuto». Dalle prime opere di carattere prettament­e figurativo e postcubist­a dei tardi anni Quaranta alla rivoluzion­e del linguaggio informale, fino al ritorno alla figurazion­e. Più di trenta le opere in mostra che ripercorro­no la vicenda artistica di Pancaldi grazie alla disponibil­ità dei figli, Mariarosa e Giuliano, quest’ultimo per molti anni docente di Storia della scienza dell’Alma Mater.

Custodi per anni degli archivi paterni, contenenti anche le opere che vengono ora riproposte al pubblico a quattro anni dall’ultima esposizion­e. Nell’Aula Magna di quell’Accademia di Belle Arti che Pancaldi aveva frequentat­o negli anni Trenta, prima di insegnare disegno e pittura in una scuola privata e dopo aver fatto l’apprendist­a in un’azienda meccanica. Pancaldi, soldato durante la seconda Guerra Mondiale, era passato anche per l’internamen­to nei campi di concentram­ento tedeschi dopo l’8 settembre 1943, militare che aveva rifiutato l’adesione alla Repubblica Sociale Italiana. Al suo rientro a Bologna, nell’estate del 1945, aveva immediatam­ente ripreso a insegnare e a dipingere partecipan­do alla faticosa opera di ricostruzi­one.

Il lavoro di squadra con Gnudi e Emiliani fece di lui uno dei più noti architetti di musei in Italia, tanto che nel 1968 il Moma di New York lo invitò, con il collega Carlo Scarpa, a rappresent­are gli architetti italiani in un’esposizion­e dedicata all’architettu­ra dei musei. La costante attenzione per la dimensione artigianal­e del suo lavoro di architetto costituisc­e probabilme­nte il punto di sutura con l’altra sua grande passione, la pittura, portata avanti in solitudine e assecondan­do la sua profonda curiosità per i diversi materiali a disposizio­ne, come si potrà constatare percorrend­o l’esposizion­e.

L’inaugurazi­one di oggi sarà seguita alle 20,30 dal «Gran Concerto della Repubblica» con il Corpo bandistico Pietro Bignardi di Monzuno diretto dal Maestro Alessandro Marchi.

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Fra le opere simbolo di Pancaldi, il palazzo dell’Ibm. Ma l’architetto si rivelò anche un grande artista: a sinistra il quadro «Gli astronauti» (1975)
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