Una notte da sfollati, la storia viva dentro le «Grotte della memoria»
Dopo il successo del 2018, torna la rassegna che rievoca i tempi della guerra
Come si viveva sotto ai bombardamenti, ai tempi della guerra? Se volete scoprirlo, e un po’ provarlo, potete farlo visitando oggi o uno dei prossimi sabati uno dei luoghi più suggestivi del Bolognese.
Raggiungerlo è semplice: basta continuare per la via Iussi di San Lazzaro di Savena e arrivare fino a casa Fantini, in località Farneto. Là troverete l’ingresso alla grotta carsica detta appunto del Farneto, che fa parte del Parco dei gessi e dei calanchi dell’Abbadessa. In quel luogo già l’anno scorso la Fraternal Compagnia di Massimo Macchiavelli, specializzata in spettacoli con le maschere della Commedia dell’arte ma anche in lavori che indagano la storia del territorio, aveva messo in scena «Le grotte della memoria».
Il lavoro ha avuto successo, tanto che viene ripreso, oggi alle ore 16 e 18, l’8 giugno (ore 16 con eventuale replica alle 18), il 15 giugno (sempre 16 ed eventualmente 18).
Potranno partecipare a questo racconto a stretto contatto con gli interpreti, che scende nel cuore della terra, un massimo di 20 spettatori alla volta (prenotazione obbligatoria al 349/2970142, ingresso 15 euro). Nel 1944 molte persone si rifugiarono al Farneto per evitare le bombe e i crolli. Avevano lasciato le loro abitazioni in città ed erano sfollati nella campagna
circostante, o addirittura si erano radunati subito qui. Ci racconta Massimo Macchiavelli, ideatore dello spettacolo: «Rispetto all’anno passato abbiamo aggiunto un musicista, che interpreta la parte di un suonatore cieco, e cambiato qualcosa. Il pubblico troverà me all’ingresso della grotta, che dopo alcune comunicazioni di servizio farò da guida, da Virgilio, in quella che era la vita dei profughi. Ci sarà una breve parte itinerante, per scendere nella terra e arrivare alla “sala del trono”. Nel tragitto i visitatori vedranno dove si poteva bere, dove si poteva mangiare. Tutto il percorso lo abbiamo illuminato, riproducendo quelli che erano i precari impianti dell’epoca».
Nello slargo del trono si vedranno pagliericci, cassette su cui ci si sedeva, stoviglie, tutto l’occorrente per sopravvivere a lungo. Continua il regista: «Le storie che raccontiamo le abbiamo ricavate da un video di testimonianze di persone che si erano rifugiate al Farneto, girato da Squeezoom Bottega. Alcuni di loro erano rimasti nel cuore della terra per mesi».
Gli interpreti non sono professionisti, ma sono stati debitamente addestrati: «Abbiamo fatto un corso di teatro civile, che ha lavorato a lungo sulla memoria e su come restituirla con la lettura e la recitazione. Non ci servivano attori ma persone che potessero rappresentare personaggi dell’epoca, senza retorica, che sapessero parlare in dialetto e con un modo di fare naturalistico». Chi scenderà in questo viaggio sotto il suolo e nel tempo, incontrerà storie drammatiche ma anche momenti in cui, quanto più il domani sembrava incerto, si cercava comunque di strappare qualcosa alla vita. «Con i nostri non-attori, e pure con qualche professionista mescolato con loro, raccontiamo di una ragazza morta sotto il fuoco perché non sopportava più di stare rinchiusa nella grotta, del partigiano tradito da fascisti che dimoravano, come lui, là sotto.
Il momento più d’azione e più drammatico è rappresentato dall’irruzione di un gruppo di tedeschi. E poi c’è la crisi isterica di una donna che soffre di claustrofobia. Ma narriamo anche storie d’amore, di gentilezza, di solidarietà. Finiamo tutti al buio, cantando “Bella ciao”».