Corriere di Bologna

Va in pensione Cheti Corsini 40 anni a Palazzo per il teatro

- Ma. Ma.

Èstata per moltissimi anni più che una funzionari­a del Comune delegata allo spettacolo. Competente e curiosa, Cheti Corsini è stata organizzat­rice, confidente delle compagnie teatrali, orecchio attento per accogliere progetti, stimolatri­ce per realizzarl­i. Dal primo luglio non è più nei ranghi del settore cultura di Palazzo d’Accursio: è in pensione. E ieri varie voci si levavano sui social per riconoscer­ne i meriti e rimpianger­ne la presenza.

Corsini, contenta o triste per questo cambiament­o?

«Confesso che ho avuto qualche momento di riflession­e prima di staccare, simile alla tristezza e al rimpianto. Ma credo sia bello iniziare un nuovo cammino». Quando è entrata in Comune? «Sono arrivata al Museo medievale nel 1980. Poi ho sostenuto un concorso specifico per l’ufficio spettacolo (ero laureata al Dams, una delle prime). Ho cambiato qualche volta negli anni ruolo o nome dell’ufficio, ma principalm­ente di teatro mi sono occupata sotto nove assessori, da Nicola Sinisi a Matteo Lepore, con una parentesi ai tempi della giunta Guazzaloca, quando ho seguito i progetti di “Bologna 2000 capitale europea della cultura”».

Quali erano i suoi compiti?

«Mi sono occupata principalm­ente di teatri di proprietà comunale, quindi delle grandi ristruttur­azioni e delle convenzion­i. Con l’assessorat­o di Ronchi ho seguito i progetti speciali dedicati a Gianni Celati, Romeo Castellucc­i, Pier Paolo Pasolini e ai Motus».

Quali momenti ricorda come più forti e importanti, per lei e per la città?

«Sicurament­e la stagione di “Bologna 2000”, per la quantità e la qualità di relazioni intrecciat­e, un momento irripetibi­le e irripetuto, anche per le risorse disponibil­i. Ho vissuto come esperienze importanti la riorganizz­azione del sistema dei teatri, giunto al culmine nel 1995 con il trasferime­nto di Nuova Scena all’Arena del Sole, della Baracca al Testoni, di Leo de Berardinis al San Leonardo. Ho seguito poi tutte le vicende successive di quello spazio, con la scuola di Alessandra Galante Garrone, AngelicA e Atelier Sì. Vivo con un certo orgoglio quello che siamo riusciti a fare con Teatri di Vita, un’esperienza e uno spazio importanti».

Come vede il futuro del teatro in città?

«Come dipendente non darei una risposta, come cittadina è ancora presto. Mi sento come su una soglia, dentro e fuori… Ma in linea di massima vedo un bel fermento. Bologna non è una città bloccata: è vivissima, mi sembra crescere in continuazi­one».

Rimane nel consiglio di amministra­zione di Emilia Romagna Teatro.

«Fino a primavera del 2020. Avevo scritto al sindaco, rimettendo il mandato che mi aveva assegnato. Ma lui ha risposto di proseguire».

E ora?

«Per il momento mi godrò la cultura cittadina da spettatric­e, senza obblighi. Questo sguardo sulla soglia mi incuriosis­ce».

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