LA ROMAGNA SECONDO MATTEO
Riflessione di metà estate che può incidere, forse tanto, sull’anno che verrà.
Piaccia o non piaccia, l’immagine della Romagna, dell’Emilia, in questo agosto 2019 l’ha fissata Matteo Salvini. Nelle sue vacanze a Milano Marittima.
Nella discoteca sulla spiaggia di un suo europarlamentare, il torso nudo, le cubiste che ritmano Fratelli d’italia, secondo Casadei e Giacomo Puccini, Romagna mia e Nessun dorma, uniti nella nota, cioè nella lotta. Il «tipo da spiaggia» si propone come Uomo dell’Anno. Quella del leader leghista è una vera lotta e la cosa che colpisce è il silenzio della sinistra che questa terra governa, degli intellettuali dagli Appennini all’Adriatico. C’è stata la solita indignazione, il «fascista» urlato, il populismo evocato, «il popolo offeso» di cui hanno parlato giornali di destra come Libero e La Verità: ma nessuno ha trovato nulla da opporre all’immagine delle vacanze in Romagna data dal ministro dell’Interno. «Anche quest’anno nessun vu’cumprà sotto l’ombrellone». Non si sono viste intelligenza e leggerezza, rispetto e ironia capaci di
creare una sinfonia della Romagna — e dell’Emilia, dell’Italia che ci vanno in vacanza — in grado di sfiorare la forza di quella leghista-papeteeniana. Salvini si è immerso nella Romagna che gli fa comodo e l’ha modellata a suo uso. Questo è l’insegnamento delle vacanze del ministro, una continuazione assordante della sua attività politica. Una politica che riesce a diventare antropologia dominante, costume vincente. Una strategia messa a punto l’anno scorso, quando Le Monde parlò di Milano Marittima, città «esclusiva e ricca di discoteche» in cui Salvini lanciava il suo «les Italiens d’abord», prima gli Italiani; quest’anno ingigantita, anche nel trasferimento del ministro senza soluzione di continuità a Sabaudia, come sempre: Agro Pontino bonificato a partire dal 1884 dagli scariolanti arrivati dal Ravennate, costruttori della prima cooperative rossa, onorata dall’Osservatore Romano come «uno Stato» opposto al «socialismo anarchico».
Salvini si appropria di una storia scivolandoci dentro armato. Il suo è un cavallo di Troia di astuzia padana. Studiarlo a fatti avvenuti, anche se mai a bocce ferme, può aiutare a tramutare lo scontro politico in una riflessione più vasta. Che parte da quella che, per amici e nemici, rimane almeno simbolicamente la Terra Rossa. La fenomenologia di Salvini in slip da bagno è il racconto di cosa è un leader, piaccia o non piaccia, nell’Italia 2019. Come il Mussolini trionfante sul moscone nella Riccione Anni Trenta.
La sfida è nell’urlo del leghista ai «comunisti» di qua, che governano Regione e Cervia-Milano Marittima: «Siete in via di estinzione». Minaccia, smargiassata, speranza e paura che si vogliono diffondere. Mescolando legge e ordine, sballo e svacco, famiglie e ragazzi, da Gian Luca Vacchi dei poveri, conoscendo le miscele. Salvini ha enfatizzato una realtà, quella della riviera romagnola, che da sempre arranca fra la necessità di fare quattrini e di darsi comunque un tono: regola di tutti i marketing. La Romagna, l’Emilia sono stati eletti laboratorio di marketing politico. Terreno complesso di cui è rischioso «asfaltare» la ricchezza e la complessità. E il buon gusto di tanti che ci vivono e ci vanno in vacanza. Su questo si gioca la partita fra miseria e nobiltà. Oltre le cubiste e il «riformismo partigiano» della vicesindaca Pd di Carpi, c’è una Romagna che fa bene a tutti ripensare per ridisegnare. «Questa è Los Angeles». disse Umberto Eco negli Anni Ottanta dal Colle di Coriano, con a fianco Gianni Fabbri, fondatore del Paradiso, la discoteca che dettava legge al mondo, fratello di Paolo, il maggior discepolo del Professore. Il ministro Gianni De Michelis, fratello di Cesare l’editore, scriveva un saggio colto e divertente sulle notti da ballare. Tutti romagnoli, di ogni colore, sono Pascoli e Fellini e Tonino Guerra, un popolo che sa sognare anche se sbuffa dei tromboni. Sono Maurizio Ferrini del pedalò di Arbore, a cui Salvini sembra ispirarsi, ironia sulfurea come quella di Ivano Marescotti. Sono il regista Vanzina delle spiagge hiuppie e di quelle nostalgiche di Valerio Zurlini di Estate violenta e La prima notte di quiete, di Dino Risi con L’ombrellone, sono calciatori come Eraldo Pecci che cita Spinoza. Sono Riccardo Muti e la tomba di Dante. La cucina di Artusi e la musica futurista di Balilla Pradella. E poi e poi.
Cultura di terra, di mare, di cielo, di tavola, di letto. Tutti ne sono intinti, anche se pochi lo sanno. La fortuna economica e politica nasce da questo calderone. Se lo ricordino quelli che credono e non credono nel melting pot.