Banca di Bologna punta Bcc Felsinea
Gli istituti lavorano alla fusione. In una lettera ai vertici 350 soci chiedono spiegazioni
I destini di Banca di Bologna e Bcc Felsinea si starebbero avviando spediti verso una fusione che, fra frenate e accelerazioni, potrebbe porre la prima pietra entro fine anno.
Il possibile matrimonio fra i due istituti, entrambi appartenenti al secondo polo del credito cooperativo nato dalla riforma delle ex Casse Rurali, la holding Cassa Centrale Banca promossa dalle Bcc del Trentino e concorrente del gruppo Iccrea, ha fatto saltare sulla sedia più di qualcuno.
Nelle segrete stanze del mondo bancario se ne parla almeno dallo scorso Natale, ma ora ci siamo. I destini di Banca di Bologna e Bcc Felsinea si starebbero avviando spediti verso una fusione che, fra frenate e accelerazioni, potrebbe porre la prima pietra entro fine anno.
Il possibile matrimonio fra i due istituti, entrambi appartenenti al secondo polo del credito cooperativo nato dalla riforma delle ex Casse Rurali, la holding Cassa Centrale Banca promossa dalle Bcc del Trentino e concorrente del gruppo Iccrea, ha fatto saltare sulla sedia più di qualcuno. È datata 31 luglio la preoccupata lettera firmata da 350 soci su 11mila e appena trasmessa al consiglio di amministrazione di Bcc Felsinea. Le 350 adesioni sono state raccolte in meno di una settimana; fra gli aderenti otto ex amministratori e sei presidenti di comitati di soci a rappresentanza di tutti i territori già protagonisti della fusione che ha portato alla nascita di Felsinea: Monterenzio, Castenaso, Alto Reno, Monghidoro, Pianoro, San Lazzaro e San Benedetto Val di Sambro. «Abbiamo notizia di concrete trattative in atto per il progetto di fusione fra la nostra Bcc e Banca di Bologna — si legge nel documento —. Riteniamo sia opportuno che il cda sia attento al futuro esplorando nuove iniziative, al fine di consentire alla nostra banca di mantenersi efficiente e in stretto rapporto con il territorio» poiché le diverse dimensioni dei due istituti, i modelli organizzativi, le storie e le culture di cui sono portatrici «fanno di questa ipotesi di lavoro un passo in grado di cambiare radicalmente natura e radici della nostra banca».
Un no o quanto meno un tentativo di sbarrare la strada ad una operazione che nel risiko delle poltrone avvantaggerebbe Banca di Bologna tanto che la nomina più prestigiosa per il presidente, Enzo Mengoli, parrebbe già cosa certa. «Crediamo che una scelta così importante — prosegue la lettera — debba avvenire solo ad esito di un profondo confronto, così che la base sociale, sorpresa e perplessa, non si veda chiamata alla semplice formalità di un’assemblea dei soci in cui approvare un progetto non modificabile».
«Della lettera — minimizza il presidente di Bcc Paolo Angiolini — si è discusso durante l’ultimo cda e ho assicurato i soci che a settembre li incontrerò per rassicurarli. Parlare di trattative è prematuro. Fra noi e Banca di Bologna è normale ci siano contatti. Siamo una banca in salute, una delle poche che continua ad aprire filiali. Poi il mondo si è stravolto e va governato».
Se la fusione andasse in porto, un advisor avrebbe già analizzato i numeri, si verrebbe a creare un nuovo polo felsineo: Banca di Bologna, nella galassia Legacoop e utili per 10 milioni, incorporerebbe la Bcc che ne ha per 4,5.
Mentre da Banca di Bologna nessuno del board rilascia dichiarazioni, i territori sono in allarme. Castenaso ha discusso il caso in consiglio comunale mentre, annuncia il sindaco civico Ivan Montanari, il parlamentino di Monterenzio chiederà un incontro ai vertici di Felsinea per chiarire lo stato della trattativa e le ripercussioni su filiali e dipendenti.