Ecco il «dopo» degli sgomberi tra successi e abbandoni
Un parcheggio multipiano, la nuova sede del Comune, ma anche la Caserma Masini ancora vuota: viaggio negli spazi della città un tempo occupati.
Cosa resterà e cosa è restato degli sgomberi agostani. Per alcuni conta solo quello che è stato eliminato: un abuso, un’occupazione illegale. Per altri, il vuoto lasciato, l’assenza di una comunità che organizza attività in luoghi dismessi, è una sconfitta. Contrapposizioni. Poi ci sono i fatti e su quelli c’è poco da discutere.
Prendiamo il primo Tpo in via Irnerio. Alcuni studenti dell’Accademia di Belle Arti occuparono il Teatro di scenografia dell’architetto Farpi Vignoli realizzato, ma non del tutto finito, nei primi Sessanta e mai utilizzato. Da luogo morto (con soldi pubblici) a spazio delle arti contemporanee. Sgomberato nell’agosto 2000 solo diversi anni più tardi, dopo una piccola ristrutturazione, divenne aula di scenografia. Per smuovere le coscienze accademiche servì quell’occupazione. Spesso è così: un luogo abbandonato, appena occupato, diventa «importantissimo». Non andò così con le Farmacie Comunali di via Fioravanti assegnate al Link a metà dei 90, dopo lo sgombero dell’Isola nel Kantiere (tornato deposito teatrale): qualcosa lì si sarebbe dovuto costruire, poi si decise per il nuovo municipio progettato da Mario Cucinella. Detto fatto. Proprio di fronte, altra storia, c’era la sede della Telecom. Enorme. Abbandonata. Un’occupazione di famiglie immigrate, l’evacuazione e poi il progetto di uno Student Hotel, lavori in corso, proprietà olandese, apertura forse nel 2020. Ancora edilizia, pesantissima stavolta, per l’area ferroviaria dove insisteva il Livello 57, sotto il ponte di via Stalingrado. Gli antiproibizionisti di via Muggia vennero traslocati al Battiferro perché lì sarebbe sorto l’imponente Borgo Masini del costruttore Frabboni. Mattoni anche per la seconda sede del Tpo, trovata grazie alla mediazione di Guazzaloca che convinse i Pavirani a lasciare il loro Euraquarium di via Lenin al Tpo «tanto la licenza per costruire non muore e prima di tre o quattro anni non parte nulla». Assegnazione temporanea, quindi. E infatti al momento «x» il Tpo lasciò gli spazi e così iniziò l’edificazione di tre condomini. Un grande albergo invece ha preso il posto in via Serlio della Fabbrika, ex Fervet acquisita dalla Finanziaria Fiera 2000, sgomberata nel Natale del ‘90. In questo passaggio di funzioni a fare la differenza è sempre la tempistica. Se il «faremo» avviene dopo un anno o due oppure se ne passano anche cinque o dieci. Ma talvolta non succede niente. L’ex cinema Embassy di via Azzo Gardino, per esempio, chiuso da più di 20 anni e oggetto di un paio occupazioni lampo 15 anni fa, è stato svuotato all’interno dalla proprietà, il Demanio, e poi murato. Un nulla totale.
Solo un anno fa è stato deciso di recuperarlo per farci degli uffici, ma ancora è tutto fermo. E così per tanti altri piccoli spazi occupati per ricavare un alloggio, sgomberati e poi rimasti vuoti. Proprietà sia private che pubbliche. L’ala di Crash è stata molto attiva in questi anni, ma là dove è passata non è successo granché. Uffici alla rotonda di San Donato, un incendio nella sede sgomberata del Laboratorio di via Zanardi 106 (quello con i murales di Blu poi dipinti di grigio). L’immobile è ancora lì, a pezzi. Come è ancora lì, vuoto e inutilizzato, il cassero di Porta Santo Stefano dopo lo sgombero di Atlantide di tre anni fa. Le Scuderie dove agì Pellerossa sono tornate in uso all’Università ormai da decenni, stessa cosa per l’ex magazzino di San Petronio Vecchio dove operò Bartleby, sgomberato nel gennaio 2013. E ora, mentre Xm24 tratta con il Comune per trovare una sede alternativa, chi passa in via Orfeo dove c’era Labàs (sgomberato esattamente due anni fa e poi ricollocato al Bolognetti), se si affaccia nell’ex caserma vedrà di nuovo un posto abbandonato. Dei progetti edilizi di Cassa Depositi e Prestiti, ansiosa di riavere il bene, non c’è traccia.