Noa e l’Everest in note di Bach «Come lui, io amo costruire ponti»
La cantante israeliana stasera al teatro all’aperto di Cesenatico con la sua band
«Bach è l’Everest della musica ed ero curiosa di provare a salire su quella montagna». Noa torna con una sfida che definisce «enorme»: riprendere 12 brani dell’immenso compositore tedesco interpretandoli con la sua voce senza tempo. Il risultato è Letters to Bach, prodotto niente di meno che da Quincy Jones, uscito la scorsa primavera e che questa sera proporrà in un concerto molto atteso al teatro all’aperto di Largo Cappuccini di Cesenatico nell’ambito di Emilia Romagna Festival, accompagnata sul palco dalla sua band formata da Gil Dor alla chitarra, Gadi Seri alle percussioni e Or Lubianiker al basso elettrico (21.15). Il progetto per la cantante israeliana di origini yemenite supera la dimensione musicale. «Bach – ha spiegato – è stato un incredibile costruttore di ponti e io amo costruire ponti, è la missione di tutta la mia vita». Noa non ha mai nascosto il suo impegno politico per la pace e l’unione tra i popoli e questo album i cui testi – in inglese e in ebraico – sono ispirati alla sfera personale quanto a dimensioni più universali, lo testimonia. E quando si parla di dimensione universale, si parla di tecnologia come di religione, riscaldamento globale, femminismo, eutanasia, conflitto israelopalestinese, relazioni ai tempi dei social. Una sfida che l’ha maturata artisticamente e
umanamente. Tanto da dichiarare che Bach le ha fatto credere in Dio. «Chi riesce a scrivere musiche così meravigliose – ancora Noa – penso abbia delle doti straordinarie e per questo ho voluto scrivere delle lettere ideali». Musica oltre confini musicali e linguistici, dunque. Che parla dritta alle corde più sensibili. Parla al cuore, emozionando e creando un contatto con il pubblico. Un omaggio, quindi, al compositore tedesco, ma anche la prova della grande maturità di un’artista che in 28 anni ha attraversato con raffinatezza stili e argomenti. Noa è così. Una coerenza che parte dal nome: Achinoam Nini, che in ebraico sta per sorella di pace. Voce che ammalia, cresciuta tra Israele e Stati Uniti, sempre in equilibrio tra influenze occidentali e mediorientali, classico e popolare, si è esibita con Sting e Carlos Santana, come con il palestinese Nabil Salameh, leader dei Radiodervish, e l’algerino Khaled. Si è esibita per tre papi. Con l’artista israeliana-palestinese Mira Awad all’Eurovision 2009 ha cantato in arabo, inglese ed ebraico. Noi la amiamo anche per La vita è bella e la sua struggente Beautiful that way. Lei ancora ringrazia Benigni e Piovani e pensa che ci sia ancora più bisogno di questo film che «può aiutare a fermare il razzismo dilagante».