Corriere di Bologna

Caronte, il killer firmato Patrick Fogli

Un killer dalle mille facce e una donna che ricostruis­ce personalit­à

- di Massimo Marino

Caronte è un killer che cambia in continuazi­one il proprio aspetto e l’identità. Lo chiamano così perché accanto alle sue vittime - un papa, un traditore, per citarne solo due - lascia un’antica moneta romana, per pagare il traghettat­ore delle anime morte. Arianna, invece, è una sigla con cui Laura (e altri) aiutano chi vuole fuggire da vecchie vite a ricostruir­si altre personalit­à. Sono i protagonis­ti di Il signore delle maschere, Mondadori (pp. 348, euro 19), l’ultimo thriller dello scrittore bolognese Patrick Fogli, un romanzo ad altissima tensione, dalle cui pagine non riesci a staccarti. Sarà in libreria martedì 1 ottobre e il 9 verrà presentato alla Feltrinell­i di Porta Ravegnana dallo scrittore, premio Scerbanenc­o 2018, autore di romanzi che parlano di olocausto e memoria, di strage della stazione di Bologna e di quelle di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con molte trame di pura fiction ma sempre impastate di presente.

Fogli, chi sono questi due personaggi?

«Una delle domande che c’è dietro il libro è proprio chi sono loro due. Un uomo che cambia in continuazi­one identità, ne ha una vera? E cosa succede quando arrivi ad un punto dell’esistenza in cui tutto muta? Caronte all’inizio compie una vendetta personale, sapendo che la sua vita perderà di significat­o».

E Laura?

«Anche per Laura tutto si sgretolerà, quando scoprirà che facendo cambiare connotati e modi di vivere alle persone invece di salvare gente ha creato un mostro come Caronte, e quando la persona che può incarnare per lei qualcosa di simile a un rapporto sentimenta­le, anche se sviluppato principalm­ente per mail, Niko, muore…».

Si è riletto Pirandello, con questi essere uno, centomila e nessuno?

«L’avevo letto un tempo. Ma credo che il tema dell’identità oggi sia molto quotidiano. Viviamo in un’epoca non egoistica ma egocentric­a. L’Io diventa una nazione che ha per territorio un individuo solo. E poi oggi siamo ancora più spaccati».

In quale senso?

«Siamo alcune cose nel mondo reale e altre in quello virtuale. Sarebbe stato bello sentire il parere di Pirandello al proposito... Borges ci aiuta, quando scrive: “Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà d’un solo momento: il momento in cui l’uomo sa per sempre chi è».

A proposito di citazioni, il titolo ricorda Il signore delle mosche di William Golding, la storia della regression­e selvaggia, tribale, diabolica di un gruppo di ragazzini naufragati su un’isola.

«Credo che questa sia una storia crudele come quella. Caronte è un uomo spietato che muove altri esseri umani senza ritegno. E al tempo stesso è uno che senza gli altri non può vivere. È persona spezzata: in una scena guarda alla television­e il momento in cui nel film Batman Begins di Christophe­r Nolan il protagonis­ta, bambino, perde i genitori e rimane solo. È la scena che definisce Caronte senza identità, senza radici».

Nel Signore delle mosche si evoca anche il diavolo.

«E il nostro killer è un diavolo: non a caso si chiama Caronte, come il traghettat­ore dei morti delle mitologie greca, etrusca, romana. Demoniaco è uno che è insieme tutti e nessuno, che si serve degli altri per i propri scopi, li possiede».

A un certo punto nel romanzo arriva il terrorismo …

«Il terrorismo è la cifra della paura oggi, il modo vero per raccontare le nostre ansie e inquietare il lettore. Non credo più ai serial killer: se vuoi scrivere una storia ad alta tensione, dopo Hannibal Lecter, se vuoi fare un thriller, devi lavorare sulle paure vive, generali».

A proposito: come fa a non far staccare il lettore dalle sue pagine e a riaprire l’attenzione sempre, anche quando sembra di essere arrivati a un punto di soluzione?

«Il segreto è rilanciare. Far finta di chiudere una situazione e riaprire. Subito. Come un prestigiat­ore: ti mostra una mano per farti credere che non ci sia trucco, e ti inganna con l’altra. Cerco di illudere chi legge che stia capendo tutto, e di rimettere ogni cosa in gioco».

I titoli dei capitoli?

«“Habemus papam”, “Inseparabi­li”, “Le vite degli altri”, “Il cielo sopra Berlino”, “La 25esima ora”: sì, sono proprio titoli di film».

Cosa vuol dire per lei scrivere un noir? Intrattene­re? Far evadere? Un modo per raccontare il mondo?

«Può essere tutto quello che ha elencato. Per me questo romanzo è una ricerca sull’identità, su cosa siamo, su cosa mi definisce. Laura, che trasforma le identità degli altri, scopre che alcuni davvero hanno cambiato vita, altri, sotto i nuovi nomi, hanno visto riemergere la vecchia personalit­à».

Come nascono le sue storie?

«Da domande. Poi arriva un’idea. Magari all’inizio inconsapev­ole: la capisco dopo un po’. Io sono Alfa era un ragionamen­to sulla paura; In A chi appartiene la notte partivo da una domanda dell’influenza della verità sulla nostra vita. Sono questioni che portano a collegamen­ti, in quella che è la mia ossessione di scrittore, narrare la contempora­neità, le crepe nel muro del mondo in cui vivo».

Lei scrive romanzi e fa l’ingegnere elettronic­o. Si ha come l’impression­e che viva davanti allo schermo di un computer.

«Ed è così. Scendo poco per strada. Pochissimo per le strade di Bologna, che ho abbandonat­o per l’Appennino reggiano».

Come mai?

«La città non è più il mio ambiente naturale, e l’ho lasciata con grande gioia. Vivo meglio in un luogo più isolato».

L’autore Viviamo in un’epoca non egoistica, egocentric­a. L’Io diventa una nazione che ha per territorio un uomo solo. E poi oggi siamo ancora più spaccati

 ??  ?? L’affresco Il Caronte del «Giudizio universale» di Michelange­lo Buonarroti (1535-1541), Cappella Sistina
L’affresco Il Caronte del «Giudizio universale» di Michelange­lo Buonarroti (1535-1541), Cappella Sistina

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