Il camion lanciato a tutta velocità «per uccidere»
Da zero a 40 chilometri orari in 60 o 70 metri. E nessun segno di frenata. Sono gli elementi contro il camionista accusato di aver investito e ucciso un collega.
Da zero a quaranta chilometri orari nello spazio di 60 o 70 metri. E nessun segno di frenata. Sono questi gli elementi che hanno convinto i carabinieri di Molinella e la pm Mariangela Farneti ad arrestare per omicidio volontario Rocco Giulio Capria, il 51 enne autotrasportatore calabrese, che ha investito e ucciso Rachid Nfir, anche lui residente nella provincia reggina e originario del Marocco. Sarebbe dunque l’elemento dell’accelerazione, registrato dal cronotachigrafo, lo strumento obbligatorio per i mezzi commerciali che superano le 3,5 tonnellate e che serve tra le altre cose a monitorare le ore di guida al volante dei conducenti, a incastrare il camionista, al lavoro per la ditta Mainardi di Budrio. E che secondo le ricostruzioni degli investigatori nella piazzola d’ingresso allo zuccherificio Coprob di Minerbio avrebbe ucciso, investendolo di proposito col suo camion, il collega alle dipendenze di un’azienda calabrese. Tutto sarebbe avvenuto come conseguenza di una lite avvenuta il giorno prima per un banale urto fra i due mezzi. Prima di allora non ci sarebbero stati motivi di attrito. Capria domani comparirà davanti al gip per la convalida. Non ha ammesso la volontarietà del gesto, anzi, come puntualizza il suo legale Manuela Amore, la linea difensiva è quella del «mero incidente». Le testimonianze raccolte dai carabinieri — autotrasportatori vicini alla vittima e all’accusato — sono contrastanti. L’amico di Nfir, in fila col camion, ha raccontato di un gesto volontario e di essere stato inseguito da Capria con un pezzo di ferro, mentre dall’altra parte si parla di un litigio precedente l’impatto. Resta da attribuire la paternità del martello trovato a pochi metri dalle vetture. I risultati degli esami tossicologicinon hanno rinvenuto tracce di alcol o sostanze assunte dal camionista alla guida.