Conflitti sociali e nazionalismi: la lezione dei Romani
Le voci dei libri Martedì all’Archiginnasio la presentazione di «Osa sapere. Contro la paura e l’ignoranza» di Ivano Dionigi
L’arrivo dei nuovi «barbari» non può essere arrestato da muri fisici e mentali, nel tentativo inutile di restituire una centralità all’Europa. E anche di fronte al dominio senza limiti della tecnologia, che minaccia la nostra stessa identità personale, le risposte risiedono in un «pensiero lungo» e nel dialogo tra i saperi.
Nel suo ultimo libro, Osa sapere. Contro la paura e l’ignoranza (Solferino), il latinista Ivano Dionigi, ex rettore di Alma Mater, oggi presidente di AlmaLaurea e della Pontificia accademia di latinità, riafferma la necessità della politica. Riprendendo la lezione di Roma, che divenne grande aprendosi ai nuovi popoli e riconoscendo cittadini, cives, gli stranieri.
Lo studioso presenterà il libro martedì (ore 17.30) nella Sala Stabat Mater dell’Archiginnasio all’interno del ciclo «Le voci dei libri», in dialogo con Vincenzo Balzani e Franco Locatelli, con introduzione di Edoardo Vigna. Nel pamphlet Dionigi mette insieme Platone e Steve Jobs, passando da Antonio Gramsci all’amato Umberto Eco. Guardando soprattutto alla generazione dei ragazzi che oggi hanno tra 15 e 16 anni e scendono in piazza, «che non dimenticano il passato, sono il futuro ma nessuno li considera il presente». Anche di fronte a un generale deficit di pensiero di fronte alla sfida principale dell’oggi, «confrontarsi con i saperi, i pensieri, i volti degli altri. Quando uno si misura con la diversità deve avere consapevolezza del proprio mondo, Non può chiudersi, non c’è da piangere né da ridere né da protestare, ammoniva già Spinoza. C’è da intelligere, da capire».
Per questo è ancora utile la lezione dei romani che, spietati e imperialisti quali erano, «applicavano la legge dell’inclusione, quella del pantheon delle divinità dei “barbari”. Erano filantropi per calcolo politico, mica per generosità, ma sapevano aprire anche la propria lingua ai cambiamenti». Una crisi che risente della latitanza del ceto intellettuale, al quale spetterebbe il compito di lanciare l’allarme.
Il pamphlet dell’ex rettore si presenta come militante, «perché la cultura non è neutra ma oggi si assiste solo a conflitti che non sono di conoscenza ma di oblìo». Con un impoverimento complessivo del linguaggio e una parola che si presenta «disossata», dice Dionigi. In un mondo travolto dai social, »nel quale stiamo assistendo a una concomitante eclissi del pensiero, liberale, socialista, o cattolico che sia, alla base della nostra Costituzione e della nostra stessa idea di Europa»