Banca di Bologna e Bcc Felsinea, fusione difficile
Proseguono le trattative tra i due istituti. Ma tra i soci si allarga il fronte del no
Va avanti a ostacoli la fusione tra Banca di Bologna e Bcc Felsinea. Sempre più soci dicono no.
Prosegue il percorso, seppur sotto traccia, che dovrebbe portare alla fusione fra Banca di Bologna e Bcc Felsinea. Un percorso fatto di trattative «segrete» fra i due presidenti Enzo Mengoli e Paolo Angiolini che, però, in pubblico, soprattutto il primo, continuano a negare.
Dopo la lettera al consiglio di amministrazione di Bcc Felsinea, depositata lo scorso 31 luglio e firmata da 350 soci su 11mila, si allarga il fronte del no. E, per la prima volta, va a coinvolgere due componenti su nove del cda: Paolo Panzacchi e Giorgio Naldi che qualche sera fa, alla riunione della consulta dei 14 comitati soci dislocati sui territori di competenza della banca (Monterenzio, Castenaso, Alto Reno), hanno palesato esplicitamente la loro contrarietà. «In questo momento mi oppongo nettamente all’operazione — è l’affondo di Panzacchi, provenienza Monterenzio — : Banca di Bologna e Bcc Felsinea hanno due modelli organizzativi diversi e incompatibili: la prima, dinamica ed efficiente, è di fatto una piccola popolare con una clientela rating; noi invece siamo una banca di credito cooperativo pura che serve le famiglie e le piccole imprese». «La mia contrarietà nasce dal fatto che Felsinea è in salute e non ha bisogno di nessuna aggregazione — gli fa eco Naldi, rappresentante dello stesso territorio — . Lo stesso vale per la Banca di Bologna. Non sono necessarie operazioni speculative che distruggono posti di lavoro e indeboliscono la cooperazione del credito».
In attesa del rinnovo delle cariche e dell’assemblea di bilancio in primavera, l’iter procede. Se Angiolini definisce l’operazione al palo, Mengoli continua ad essere abbottonato. «È tutto fermo — assicura il primo — : essendo sul medesimo territorio e all’interno dello stesso gruppo, è non solo normale ma anche strategico dialogare». «Vero è — si sbilancia poi — che Bcc Felsinea, dopo il travagliato percorso che a inizio 2017 ha portato alla sua nascita, è oggi una banca ambita». Come a svelare che il primo passo verso l’ipotetico matrimonio è stato compiuto, proprio da Banca di Bologna. Alla riunione di cui sopra erano presenti tutti i membri del cda e del collegio sindacale di Bcc Felsinea, oltre che la direzione ed i capi filiale. Ma solo una settantina di azionisti tra cui serpeggiava, a detta di chi c’era, un tangibile malumore. Che potrebbe anche avere ripercussioni sulla formazione del prossimo Consiglio. Perché a rischio, secondo i dissidenti di Angiolini, «ci sono l’identità dell’istituto e il numero delle filiali, soprattutto montane», su cui l’aggregazione potrebbe abbattersi come una accetta.
Se la fusione fra le due banche che appartengono al secondo polo del credito cooperativo nato dalla riforma delle ex Casse Rurali e cioè la holding Cassa Centrale Banca promossa dalle Bcc del Trentino e concorrente del gruppo Iccrea, andasse in porto si verrebbe a creare un nuovo polo locale: Banca di Bologna, con utili previsionali per 10 milioni, incorporerebbe la Bcc che ne ha per 4,5. A fare gola all’istituto di piazza Galvani c’è anche il cosiddetto capitale «libero» di Felsinea. Se gli asset immobiliari di Banca di Bologna impegnano, infatti, i due terzi del suo patrimonio, pari a circa 165 milioni di euro, sui 95 milioni di capitale complessivo Bcc Felsinea ne vanta almeno 83 milioni a contabile.