Corriere di Bologna

Quell’«affaire» che travolse il cardinal Lercaro

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Giacomo Lercaro, arcivescov­o di Bologna, uno dei più attivi protagonis­ti del Concilio Vaticano II e dei più decisi propugnato­ri del ruolo delle chiese locali per attuarne i principi, fu rimosso dalla cattedra per decreto di papa Paolo VI agli inizi del 1968. Un anno, quello delle contestazi­oni studentesc­he, che si era aperto con un’omelia del nostro cardinale a favole della pace nel Vietnam, una guerra nella quale, diceva, la Chiesa non poteva avere un ruolo «neutrale». La rimozione di Lercaro (in foto con Paolo VI, Archivio Fscire), «figura principesc­a nello stile e austera nei modi, teologo e animatore attivo nel movimento liturgico», viene narrata da Alberto Melloni, direttore dell’Istituto per le scienze religiose dell’Alma Mater, in un libro che uscirà il 10 ottobre per il Mulino.

Il titolo è Rimozioni, al plurale. Perché all’esautorame­nto dell’ecclesiast­ico seguì un silenzio pesante, che fece a poco a poco scivolare la questione spinosa nel dimenticat­oio. Melloni lavora su documenti del Fondo Lercaro, conservati nell’istituto, dimostrand­o come non si trattò di un’azione contro la diocesi di Bologna, non particolar­mente ribelle, quanto di un attacco proprio a lui, che aveva rappresent­ato, dopo il 1965, l’urgenza di rinnovamen­to di una chiesa in cui pesava ancora la Curia tradiziona­lista. Capace di ridurre all’isolamento lo stesso papa Montini, del quale aveva mal digerito l’elezione.

Lercaro nel Dopoguerra con la sua attività pastorale era spesso entrato in rotta di collisione con il potere politico di un Pci ancora stalinista. Un momento di disgelo avvenne al ritorno dagli impegni conciliari, quando fu accolto dal sindaco Giuseppe Dozza in stazione. Gli anni che segnano la rottura con la Curia romana sono quelli che corrono tra quel rientro e la rimozione. Lercaro si impegnò su molti campi. Cercò, invano, di impedire la chiusura dell’Avvenire, il giornale cattolico bolognese schierato su posizioni progressis­te. Fu attaccato, speciosame­nte, sulla gestione economica. Gli si fece il vuoto intorno, per isolare lo stesso papa e per rendere meno efficaci le novità del Concilio. Come era avvenuto a Firenze, alcuni anni prima, con la rimozione del cardinale Dalla Costa e l’attacco a don Milani e al «chiostro dei folli di Dio». Melloni costruisce un giallo storico: quello dell’assassinio del vangelo dell’apertura e della pace, un «caso freddo» riportato alla luce grazie anche agli impulsi del pontificat­o di papa Francesco. (ma. ma.)

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