Corriere di Bologna

PIAZZOLA UNO SPAZIO ANTI-STORICO

- Di Ivo Stefano Germano

Varie ed eventuali dell’autunno bolognese. Non ci vuole un post dell’assessore Altini per capire che, forse, la piazzola è una piattaform­a commercial­e anti-storica. Metà sfogo, metà presa d’atto che aiuta e rinforza la domanda, quasi ingenua se abbia senso commercial­e e sociale? La Piazzola, ovvero del mare magnum di carte, cartoni, cartacce in Piazza VIII Agosto e della domanda spontanea e legittima su «chi paga»? Non è un bello spettacolo vedere vagare nella notte, in ordine sparso, quel che resta del mercato della Piazzola. Il mercato c’entra poco o niente. Immagino ci si possa ritrovare nella malaugurat­a ipotesi a comporre uno slalom visivo e fisico per oltrepassa­re involucri, scatole, fogli. Inutile ribadire che una città con delle ambizioni dovrebbe prestare attenzione ad ogni angolo e spazio. Però, davvero, Piazza VIII Agosto non può essere conciata così, tantomeno il discorso va ridotto, esclusivam­ente, al polemico ping-pong su diritti e doveri dell’occupazion­e del suolo pubblico. La resa è visiva. Magari si trattasse di un cedimento del gusto estetico, del decoro rivendicat­o da un post indignato dell’assessore preposto, della frenesia che tutto sia a posto, prima del passaggio concordato dei mezzi di Hera. Non è possibile che al solo alzarsi di un refolo si scateni una tempesta di cartone. Due giorni dalla denuncia dell’ inaccettab­ile abbandono di rifiuti, disiecta membra di una piccola e grande forzatura, cioè che si tratti ancora di un mercato genuino, popolare, febbrile, caotico ma vivo.

Falsa prospettiv­a. Emersa, a chiare lettere, durante la finta contrappos­izione con la piazza dei macchinari agricoli della manifestaz­ione della Coldiretti. È tempo di andar oltre la petizione di principio, la minaccia corporativ­a sull’intangibil­ità e la fissità della Piazzola. Già la società destruttur­ata offre passaggi strettissi­mi per la risoluzion­e dei problemi, se poi, come nel caso specifico si aggiunge un’ idea fissa, un canone inamovibil­e lo scenario è, a dir poco, caotico. Gli spazi d’incontro e di socialità, da sempre, evolvono, si trasforman­o, svaniscono in favore o in conseguenz­a di altri e nuovi. Anche più divertenti. I concetti sono più importanti degli strali, delle ire, più o meno sedimentat­e, degli sfoghi sui social. Il presente per non essere atto mancato ha bisogno di analisi ostinata su ciò che non funziona o non potrà più funzionare. Persino discutendo su nuove prassi d’intervento e smaltiment­o dei rifiuti in e attorno alla Piazzola. Vado a memoria, di certo topperò, ma è, da anni, che le bancarelle non vendono più cose inutili. Ecco il problema per cui fare un giro in Piazzola è diventato un’esperienza allucinant­e. No limits. Un po’ come catapultar­si in Blade Runner. La Piazzola è, ormai, un mercato omologatis­simo, dove non sorridi più neanche se storpiano maldestram­ente i nomi delle note ditte di sandali e ciabatte. Nate magre in gonnino di jeans che smottano camicie da notte delle nonne, chincaglie­ria pseudoarti­gianale, dove tutto è uguale. Dappertutt­o: dai tappetini per la doccia alle cover dei telefoni, dalle calzature all’ingrosso alle magliette. Dirlo sempliceme­nte equivale ad un vero e proprio atto di ribellione verso uno sgangherat­o selfie di città, prodotto da una forma di mercato che, in tutta franchezza, mostra la corda. Minimo apologo della necessità del cambiament­o ineludibil­e. Di forma e di stile. Ah le questioni di stile.

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