Mercatone Uno, c’è chi lo vuole: 11 offerte valide
Ci sono ben 24 manifestazioni di interesse tutte ancora top secret, alcune anche esterne al settore dell’arredamento e di cui almeno 11 considerate sostenibili, per rilevare il Mercatone Uno. È quanto comunicato ieri pomeriggio dai tre commissari liquidatori al tavolo di crisi convocato al ministero dello Sviluppo economico per dipanare la complicata matassa del colosso di arredamento a prezzi popolari che ha abbassato le saracinesce lo scorso maggio lasciando da un giorno all’altro gli oltre 1.800 lavoratori occupati in dodici regioni italiane senza lavoro.
I tempi sono serratissimi: c’è tempo fino a fine ottobre per partecipare al bando per la vendita del gruppo mentre la cassa integrazione scade il 31 dicembre. Per la stessa data si vorrebbe concludere il processo di vendita. Dopo il fallimento della ex proprietà, la Shernon Holding che aveva acquisito il gruppo solo lo scorso anno, il governo aveva nominato tre commissari liquidatori incaricati di risolvere una crisi che oggi riguarda 1.731 (erano 1.824) addetti. Di essi, prima della chiusura lampo dei 55 (oggi 48) punti vendita, 400 erano impiegati negli undici esercizi dell’Emilia-Romagna; 200 solo fra Bologna, Imola e San Giorgio di Piano, che però in quanto sede logistica è esclusa dalla procedura di cessione e per la quale si ipotizza la vendita ad un’altra società del settore.
Al tavolo, presieduto dalla sottosegretaria Alessandra Todde e a cui per il nostro territorio erano presenti l’assessora regionale alle attività produttive Palma Costi e quello comunale al Lavoro Marco Lombardo che chiedono innanzitutto la tutela dei lavoratori,
i sindacati hanno chiesto la proroga degli ammortizzatori sociali in attesa che chi prenderà in mano la situazione presenti un piano industriale, parli di riorganizzazione futura e della riapertura dei negozi.
«Serve la volontà politica per uscire da questa complicata situazione oltre le procedure concorsuali — sottolinea Stefano Biosa della Filcams-Cgil —. La strada è quella indicata dalla Regione Emilia-Romagna e dal Comune di Bologna con un tavolo di regia e strumenti legislativi che permettano di vincolare la concessione delle nuove licenze commerciali al riassorbimento degli esuberi e al costo sociale».
«La salvaguardia occupazionale — gli fa eco Silvia Balestri della Fisascat-Cisl — deve essere garantita certamente per i lavoratori dei punti vendita, ma anche per quelli della sede operativa di Imola e della logistica di San Giorgio di Piano. Servono atti immediati, prima di tutto da parte del Mise». «Ho dato la disponibilità come Palazzo d’Accursio — comunica Lombardo alla fine dell’incontro — a partecipare alla task force per velocizzare la pratica amministrativa a patto che la valorizzazione dei punti vendita tenga conto prima dei dipendenti, poi degli asset immobiliari e delle licenze».