Il Maestro, Margherita e il diavolo Riondino
Il capolavoro di Bulgakov apre la stagione del Duse
Con il diavolo, Ponzio Pilato e Jeshua si apre la stagione del Duse, venerdì alle 21. Replica fino a domenica Il Maestro e Margherita riscritto per il teatro da Letizia Russo, portato in scena con la regia di Andrea Baracco e interpretato da Michele Riondino, che presta il corpo a Woland, diavolo in nero in visita alla Russia sovietica raccontata da Michail Bulgakov nel suo più famoso e amato romanzo. Al fianco del «giovane Montalbano» in questa produzione del Teatro Stabile dell’Umbria troviamo Francesco Bonomo, che interpreta sia il Maestro che Pilato, e Federica Rossellini nel ruolo di Margherita, con altri otto attori che ricoprono le parti dei moltissimi personaggi del libro. Nella scena nera, segnata da graffiti, si aprono porte strette da cui escono mani che reggono telefoni anni Trenta, diavoli, imbroglioni e altre apparizioni.
«Nel disegnare Woland – ci racconta Riondino – abbiamo tenuto presente la figura del Joker, in tempi non sospetti perché lo spettacolo l’abbiamo provato ormai due anni fa. Come il Joker la sua risata è un ghigno che si prende gioco dell’umanità».
Il regista Baracco, famoso per coinvolgenti messinscene di testi shakespeariani, spiega come è nato uno spettacolo che ha riunito nelle lodi pubblico e critica: «Dopo Madame Bovary con Letizia Russo abbiamo voluto affrontare un romanzo caro a entrambi, apparentemente irrappresentabile, per la grandezza dei temi, per il numero dei personaggi, per l’intreccio tra tre storie. C’è un primo piano, l’amore tra il Maestro e Margherita, poi un piano politico, con la rappresentazione dei burocrati della Russia staliniana, infine un aspetto mistico, con il confronto tra Ponzio Pilato e Jeshua, e con l’arrivo del diavolo Woland e dei suoi aiutanti a Mosca». Non c’è bisogno di attualizzazioni: «Basta essere fedeli allo spirito poetico di una grande opera e cercare di capire dove risuona in noi, oggi».
Woland, con un gatto diabolico e altri aiutanti, sconvolge la Mosca materialista e atea: «È il veleno, che arriva e produce il caos, l’elemento destabilizzatore che si contrappone all’uomo che vorrebbe levigare tutta l’esistenza e gli dice che la luce porta l’ombra, che ci sono più cose di quante la ragione possa concepire. È caos che incrina la fiducia di chi aveva creduto di aver creato un mondo nuovo». Fa eco Riondino: «Interpretare il diavolo è molto divertente, perché ti dà la possibilità di disegnare un personaggio a strati. Siamo partiti dalle forme umane che assume nell’immaginario comune poi abbiamo tolto, tolto, fino a fare emerge la bestia».
È un incantatore, un mago? «È il capocomico di una compagnia di maghi da strapazzo. In fondo fa giochetti semplici. La vera magia la compie “intortando” gli uomini con il paradosso dello spettacolo: c’è bisogno del diavolo per provare l’esistenza di Dio». Il diavolo, come Ponzio Pilato, per Bulgakov un espediente: «Li usa per criticare il pensiero unico, per aggirare la censura staliniana. Lo spettacolo si incardina sulla storia del Maestro che racconta di Pilato davanti a Jeshua, facendoci navigare tra epoche lontane e tra cifre narrative differenti. Letizia Russo ha fatto un gran lavoro e i bei risultati di pubblico lo testimoniano. Lo spettacolo, nonostante la durata di 2 ore e 40, è efficace e risulta leggero». Per info: teatroduse.it.