Clan in guerra per Rimini Dieci arresti
Camorra, martellate ai rivali
Una guerra tra clan camorristici, combattuta con brutali pestaggi ed estorsioni, per il controllo della capitale della Riviera Romagnola. Una guerra che nel giro di poco tempo si sarebbe potuta trasformare in una pericolosa lotta armata, ma che l’operazione Hammer dei carabinieri di Rimini nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla Procura romagnola e dalla Dda di Bologna ha neutralizzato con gli arresti di boss e gregari, dieci in tutto, eseguiti all’alba di ieri tra Rimini, Latina, Napoli, Prato e Marcianise in seguito a un’ordinanza cautelare del gip Sandro Pecorella. A fronteggiarsi per il dominio del territorio erano il clan guidato dal napoletano Ciro Contini, nipote 31enne di Eduardo, boss dei quartieri Vasto e Poggioreale a Napoli, arrivato da poco a Rimini per contrasti con la famiglia, e quello che faceva capo a Massimiliano Romaniello, 45enne sempre originario di Napoli ma già da tempo residente in Riviera. Le porte del carcere si sono aperte per Ciro Contini; Antonio Acampo, 40enne napoletano suo braccio destro; Cosimo Nicolì, 42enne; Pasquale Palumbo, di 44 anni; Fabio Ribeccio, 28enne; Francesco Camasso, di 26 anni, tutti napoletani legati a Contini e Armando Savorra pluripregiudicato da tempo residente a Rimini fedele a Massimiliano Romaniello, ai domiciliari insieme ai suoi sodali, Antonio Di Dato e Giuseppe Ripoli, napoletani di 43 e 41 anni. Le indagini erano partite nell’ottobre del 2018. Per gli investigatori, il nuovo clan poteva contare su un’ampia disponibilità di armi, ma il marchio delle loro azioni erano le martellate sulle mani delle vittime. «Si era creato in via autonoma, un gruppo camorristico — ha detto il procuratore Giuseppe Amato —. Se lasciato prosperare, sarebbe passato al controllo economico del territorio e alle attività gestite dai riminesi».