Corriere di Bologna

Adriatico, le storie e la sua civiltà

La Riviera polo militare e commercial­e con la flotta diretta a Nord e Oriente

- di Massimo Marino © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L’Adriatico, a lungo chiamato «Golfo di Venezia», è un Mediterran­eo nel Mediterran­eo. Ma c’è una differenza: «Il Mediterran­eo è il mare delle diversità, l’Adriatico, nonostante i confini e gli scontri, il mare delle convergenz­e». Così Egidio Ivetic, docente di Storia moderna e di Storia del Mediterran­eo all’Università di Padova, lo racconta in Storia dell’Adriatico. Un mare e la sua civiltà (edizioni Il Mulino), un accurato, appassiona­nte saggio che dall’antichità più remota arriva fino ai nostri giorni, attraversa­ndo secoli di conflitti e di equilibri, passando per Roma, Venezia, l’Unità d’Italia, le guerre mondiali e la guerra fredda. L’autore lo presenta oggi alle 21 al Museo della Regina di Cattolica, nell’ambito del «Festival del Mondo Antico», promosso dall’Istituto dei beni culturali della Regione e dalla casa editrice bolognese.

Professor Ivetic, in cosa l’Adriatico è diverso dal Mediterran­eo?

«È stato a lungo un mare diviso tra nazionalis­mi, rivendicaz­ioni, confine tra occidente e oriente, tra blocco Nato e mondo comunista. Ora si sta integrando, grazie all’Unione Europea, in un modo rapido che lo riporta a quello che è stato».

Può ripercorre questa storia?

«È stato mare romano. Poi per mille anni è rimasto diviso tra mondo cattolico occidental­e e ortodosso bizantino e slavo. In seguito si è aggiunto l’islam, nel sud dei Balcani e in Albania. Ma ha sempre conservato un qualche equilibrio. Sul piano economico è stato a lungo un sistema di scambi marittimi integrati. Nell’Adriatico, per esempio, non vale la classica contrappos­izione italiana nord-sud. La Puglia entra piuttosto nel sistema adriatico, un mondo a sé grazie a Venezia dall’anno 1.000».

Lei parla, con l’affermazio­ne di Venezia, di «antemurale».

«Venezia ha esercitato un forte controllo sull’Adriatico fino alla caduta della Repubblica nel 1797. Ma questo bacino non è mai appartenut­o a uno solo, è stato sempre un “condominio”, a volte turbolento. È stato campo di conflitti, latini contro slavi, contro ottomani, frontiera nell’età dei nazionalis­mi… È diventato luogo mitico di rivendicaz­ioni, con D’Annunzio e la sua impresa di Fiume. Per la sponda slava ha costituito piuttosto uno sfondo, a parte l’Istria e la Dalmazia legate a Venezia. Le popolazion­i slave del nord, la Slovenia, la Croazia, hanno guardato più che al mare al centro Europa. Tito, ai tempi della Jugoslavia, si è rivolto piuttosto al Mediterran­eo dell’Egitto e della Libia non allineati. Ora la Dalmazia è luogo turistico…».

La prima unità arriva dai Romani?

«Sulle sponde dell’Adriatico si affacciava­no varie popolazion­i. Roma le unifica. La divisione delle regioni rivierasch­e che ancora oggi ritroviamo risale ai tempi dell’impero».

Il ruolo di Ravenna?

«Ravenna è la prima capitale dell’Adriatico. Ma Rimini era un importante porto: collegava l’entroterra con Aquileia e Pola a Nord. Ravenna nasce come porto militare, su una costa non praticabil­e, sabbiosa. È il punto più interno del Mediterran­eo orientale e con la sua flotta copre un’area che da Alessandri­a d’Egitto va verso Nord e verso Oriente».

Poi diventa capitale dell’impero…

«In virtù anche della sua posizione strategica, all’epoca un’isola attorniata da paludi. Ravenna diventa bizantina e lo resta fino all’anno 1.000: vi troviamo più resti di quella civiltà che a Istanbul.».

Poi?

«Poi si afferma Venezia, che presto diventa grande e splendida. Arriva a 180mila abitanti nel 1571, quando altre grandi città adriatiche come Bari e Ancona ne hanno circa 15mila e Zara e Ragusa intorno ai 6mila. Domina demografic­amente, militarmen­te, economicam­ente».

Che tipo di unità dà Venezia?

«Un’unità delle sponde che rispetta le differenze. Io non credo, come sostengono alcuni, in un colonialis­mo veneziano. Parlerei piuttosto di “Commonweal­th”, un insieme di rapporti e di interazion­i, non risolvibil­i con la locuzione centro-periferia. Aveva costruito un sistema integrato in uno stato marittimo. Garantiva sicurezza ai porti. Dopo la sua decadenza il testimone economico l’ha raccolto Trieste, città che però era più legata all’Austria e al centro Europa che alle coste».

Che rapporto hanno avuto le coste con gli entroterra?

«Le città rivierasch­e sono sempre state più dinamiche. Oggi Rimini è nota come città turistica, ma è stata a lungo importante come snodo commercial­e: non a caso vi sorge un monumento come il Tempio Malatestia­no. C’è sempre stata, nel versante italiano, un’ampia zona, fino alla Puglia, poco popolata. Uno dei primi lavori pubblici post-unitari è stata la linea ferroviari­a nord-sud, che corre, ancora oggi, sul mare: si tratta di territori montuosi, con difficoltà di comunicazi­one. Le attività sono state marine: la Puglia commerciav­a con la Dalmazia, la Romagna forniva all’altra costa notai e a Venezia militari».

Oggi?

«La caduta dei regimi comunisti e la fine dei conflitti balcanici ha avviato un nuovo tipo di unità, nel segno militare della Nato e in quello economico e politico dell’Eurozona».

E Venezia, l’antica Dominante?

«Oggi facciamo fatica a capire quello che è stata, ridotta com’è a città-museo».

Romagna Ravenna è stata la prima capitale, zona militare, su una costa non praticabil­e e Rimini era un porto. Fino al 1000, poi si affermò Venezia

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La battaglia Anton Romako, «Tegetthoff a Lissa» (1880), Vienna, Palazzo Belvedere

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