Jazz e melodie partenopee per l’addio a Ricciardi
Questa sera al San Filippo Neri per «Libri in scena» Maurizio De Giovanni legge le avventure del suo commissario
Eroe solitario e malinconico, per poteri misteriosi, percepisce le ultime parole e sensazioni delle vittime di morte violenta. Vive agli inizi degli anni ‘30 il commissario Luigi Alfredo Ricciardi, la prima creatura letteraria di Maurizio De Giovanni, scrittore napoletano famoso per la serie televisiva tratta dai Bastardi di Pizzofalcone. Stasera alle 20.30 lo incontreremo, con ingresso libero fino a esaurimento posti, al LabOratorio di San Filippo Neri di via Manzoni 5 nel reading «Canzoni per il commissario Ricciardi», per la stagione organizzata da Mismaonda.
Che fa, De Giovanni, canta? «Per carità. Non potrei infliggere una pena simile a degli innocenti. Leggo, in una cavalcata tra i dodici romanzi che hanno per protagonista Ricciardi, per celebrarne l’addio. E la brava Marianita Carfora, accompagnata dal trio composto da Giacinto Piracci, Zac Alderman e Marco Zurzolo, evoca gli anni di Ricciardi con musiche jazz e canzoni napoletane». L’addio?
«Sì, la saga si è conclusa col dodicesimo romanzo: questo è un saluto alla mia creatura». Come mai? Stanchezza?
«Assolutamente no, né mia, né dei lettori, per i quali è il personaggio più amato dopo il commissario Montalbano. Avevo deciso fin dall’inizio di chiudere nel 1934, quando con le mire imperiali del fascismo, l’autarchia e la “notte dei lunghi coltelli” in Germania il clima si fa pesante. Quando si svolgono i romanzi, dal 1930 al 1934, c’è l’euforia dell’uscita dalla Grande guerra e dalla crisi del 1929. Si sente nella vita quotidiana e nella musica, come facciamo capire in questa serata».
Non avrà ripensamenti? «Per ora no. Se dovessi averli, farei ricomparire Ricciardi in un altro momento elettrico, i primi anni ‘60, con il boom economico, la crescita dei consumi…».
Come mai il suo commissario ha la facoltà di sentire le ultime parole o sensazioni degli assassinati?
«Ha la percezione del dolore altrui. Una sensibilità che trovo allegorica della compassione: non può evitare di sentire le sofferenze degli altri».
Finiscono anche I bastardi?
«Per ora no. E sono anche un fumetto. Sto lavorando ad altri personaggi, come Sara, protagonista di romanzi per la Rizzoli. Per Sellerio è da poco in libreria “Dodici rose a Settembre”, nuova serie con la detective Mina Settembre».
Lei scrive anche di teatro.
«Ha debuttato da poco al Quirino di Roma e andrà in tournée Il grande silenzio,
con la regia di Alessandro Gassmann. In aprile Serena Autieri porterà in giro Una canzone ora. Lavoro moltissimo: cerco di sovvertire lo stereotipo del napoletano sfaticato».