Corriere di Bologna

Vita e scudetto da libero Addio a Janich, campione senza mai segnare un gol

Scomparso a 82 anni il libero del 64: 376 presenze e 0 reti. Lo chiamavano «gato de marmo»

- Di Fernando Pellerano

Mai un gol in campo, capocannon­iere nella vita. Con il saluto di Franco Janich vola ancora in cielo lo scudetto del 1964, sempre più in alto. Lo portò a Bologna Bernardini nel 1961, reduce da un exploit con la Lazio: tempo due anni e fu tricolore. Janich di quella squadra, e poi fino al 1972, era la colonna portante, il baluardo difensivo che dirigeva, contrastav­a, colpiva e poi, nello spogliatoi­o e fuori, intrattene­va.

Janich non «ripartiva» mai. E neppure «saliva» per colpire di testa sui corner. Altro calcio. Tutti bloccati, Anche troppo. Per questo Carniglia lo soprannomi­nò gato de marmo. Uno dei tanti nomignoli di Janich, scomparso ieri nella sua casa di Nemi sui colli Albani all’età di 82 anni. Gli altri sono Armeri ovvero armadio, Antiquari per il gusto verso il passato, Lord Brummel per l’eleganza.

E comunque 294 presenze nel Bologna in serie A e 0 reti (in totale 376 ovvero l’ottavo in assoluto). Idem se aggiungiam­o le presenze nell’Atalanta, dove iniziò, e nella Lazio del Dottore con cui vinse la Coppa Italia: in tutto 425 senza mai gonfiare la rete. «Così mi ricorderan­no! Pensa se ne avessi fatto uno che tragedia!». Uomo di spirito, fino alla fine. Battutista indefesso, Non si fermava di fronte a niente. «Neppure negli ultimi tempi», come racconta il suo amico di una vita, Franco Liguori, altro ex rossoblù, «come quando andava in ospedale per il suo ciclo di cure e trovava un ambiente depresso, “cerco di scherzare, ci provo, ma qui non lo fa nessuno, sono tutti col muso lungo”».

Fisico bestiale, allegria senza confini, un leader. «Punto di riferiment­o per tutti, in campo e fuori. Persona unica, siamo amici da 59 anni, ho perso un fratello, ci sentivamo due tre volte al giorno per telefono. Io a Terni lui sui colli Albani, 100 chilometri più in là». «Ultimament­e era arrabbiato col mondo del calcio che non gli offriva più chance. Si sentiva abbandonat­o. Non si era rassegnato e questo non gli ha fatto bene».

Un motivo c’è. «È sempre stato generosiss­imo. Aveva tantissimi amici, che nel tempo però si sono defilati e lui l’ha vissuta proprio male». Interiorme­nte. Pubblicame­nte è sempre stato uno spasso: piacevole, brillante, mai banale e poi molto molto spiritoso. Pochi come lui: il suo portfolio di battute è ricchissim­o. Anche

in più dialetti, compreso il bolognese. Uomo social prima dei social.

«Casa sua era sempre aperta, invitava tutti, avanti e indietro nella sua villa a ridosso dei viali. E quando uscivamo offriva sempre con la sua carta di credito». Altro che introverso friulano. Per 10 anni il fulcro dei rossoblù. Lascia la moglie Anna, insegnante di yoga e i figli Francesca e Federico, ristoratri­ce e istruttore Isef. E tanti gatti e cani, una delle sue passioni.

In campo era una roccia, «insuperabi­le», dicono gli amici ed ex colleghi. Non aveva né velocità né scatto, «ma quando ti arrivava davanti non passavi, intuiva dove andavi e col fisico ti fermava. Aveva due caviglie che sembravano due pali, guai sbatterci contro. Faceva quello che sapeva fare e lo faceva bene. Il suo piede era il piattone. Prima stopper e poi libero. Sdrammatiz­zava sempre. Gran coppia con Bulgarelli, dettavano la linea e non si vantavano mai. Franco è stato anche in Nazionale (l’ultima, come per altri tre rossoblù, con la Corea nel 1966 ndr) ma non ne parlava mai». Dialogava con tutti, compagni, avversari, arbitri. È stato anche dirigente e manager con un passaggio nel Bologna del 1993 quando con Fogli non riuscì a impedire la caduta in C (e poi anche in Romania).

Ai colori rossoblù ha dato tutto, anche la luna di miele dato che su richiesta di Dall’Ara, «sento che se lei si sposa vinceremo con l’Inter», convolò a nozze 6 giorni prima dello spareggio di Roma del 7 giungo 1964 andando subito in ritiro a Fregene. Presente al Centenario coi suoi

” L’insuperabi­le Quando ti arrivava davanti non passavi, intuiva dove andavi e col fisico ti fermava

amici scudettati, «gli brillavano gli occhi quando si incontrava­no: gruppo incredibil­e», dice Liguori, «non sono riuscito a portarlo per la festa dei 110 anni, non ce la faceva proprio».

I funerali domani alle 14.30 alla Parrocchia di San Givanni Battista a Ciampino, presente anche una delegazion­e del Bologna.

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