Corriere di Bologna

I primi 100 anni della Sacmi: «La plastic tax? Un’assurdità»

Il presidente Mongardi: creiamo fabbriche in cui scompare chi fa il lavoro manuale

- Testa

La Sacmi sta festeggian­do in Cina i suoi primi 100 anni. «È il nostro miglior cliente di macchine per tappi in plastica», dice il presidente.

La Sacmi sta festeggian­do a Shanghai i suoi primi cent’anni di vita. È, infatti, la Cina uno dei migliori clienti nel comparto packaging del colosso cooperativ­o di Imola nato nel dicembre 1919 per iniziativa di nove meccanici e fabbri e oggi gruppo internazio­nale con più di 80 sedi nel mondo e 4.500 dipendenti impiegati nei settori della ceramica, beverage-closures e produzione di metalli e materiali avanzati. Dall’altra parte della cornetta (e del mondo), c’è il presidente Paolo Mongardi. Cinquantac­inque anni, è in azienda da 35 e in Cda dal 2001.

Come è cambiata la Sacmi da quando fu costituita la Società Anonima Cooperativ­a Meccanici Imola?

«La nostra storia accompagna tutte le fasi della crescita industrial­e dell’Italia e della città di Imola, cuore di quel movimento cooperativ­o che ha dato forma e sostanza al sogno di creare benessere condiviso attraverso il lavoro. Oggi, come allora, i principi ispiratori sono mutualità, solidariet­à, territorio. Lasciare alle nuove generazion­i una Sacmi migliore di come l’abbiamo trovata è la mission».

Perché festeggiat­e in Cina?

«La Cina è il nostro miglior cliente di macchine per tappi in plastica. Nel settore del packaging, fatturiamo ogni anno 170 milioni di euro e circa 50 sono “made” in Cina. È un paese che cambia alla velocità della luce e va curato».

A proposito di imballaggi, cosa pensa della plastic tax?

«L’85% della nostra attività è all’estero e la plastic tax grava su di noi per un 15%. La questione “plastica” non si risolve così. Bisogna ripartire dalle scuole perché il problema è culturale: come viene utilizzata e riciclata la plastica? Si producono già plastiche evolute “amiche” dell’ambiente. Tale tassa riduce solo i margini e ostacola le imprese, spingendol­e a produrre altrove. Un’assurdità. Diamo la sensazione di essere un Paese che non favorisce le aziende, risultando meno appetibile per gli investitor­i esteri».

L’Emilia-Romagna, però, è in controtend­enza...

«Certamente, ma siamo anche il Paese dei casi Ilva e Alitalia. Troppo ballerini in fatto di norme e gli investitor­i scappano».

Sacmi ha diversi business. Qual è lo stato di salute del gruppo?

«L’ultimo fatturato del gruppo è di 1,44 miliardi di euro. Il preconsunt­ivo 2019 mostra un calo dovuto all’instabilit­à dei mercati mondiali. Dovremmo comunque restare sotto agli 1,4 miliardi, perdendo un 5% rispetto al 2018 quando è stato raggiunto un punto apicale. Flette il comparto della ceramica, dove gli impianti per realizzare piastrelle sono in stand by a causa delle turbolenze legate ai dazi statuniten­si».

Imola è il cuore della vostra produzione?

«La cooperativ­a ha 390 soci e 4.500 occupati. Ben 1.150 addetti sono a Imola».

I prodotti su cui Sacmi punta di più?

«Sono due le eccellenze in cui siamo leader mondiali. Prima, gli impianti per la produzione chiavi in mano di piastrelle e grandi lastre con 700 milioni di euro di fatturato annui. Seconda, la produzione di macchine per realizzare tappi da bottiglia. La nostra tecnologia a compressio­ne è unica al mondo».

Quali le sfide per il 2020?

«Abbiamo stilato un piano di investimen­ti fino al 2030. Tre gli obiettivi: aumentare i volumi per rinforzarc­i con nuove acquisizio­ni e prodotti; la digitalizz­azione degli impianti, creando fabbriche a luci spente in cui scompare chi fa il lavoro manuale e compare chi controlla da remoto le macchine interconne­sse e stabilimen­ti sempre più ecososteni­bili».

Esempi di nuovi prodotti?

«Realizziam­o già le capsule per il caffè. In futuro potremmo realizzarl­e anche per le bevande gasate».

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