La Cassazione: le misure contro il sindaco Carletti erano senza fondamento
Le motivazioni della sentenza che revocò l’obbligo di dimora
Non c’erano gli elementi per imporre la misura coercitiva dell’obbligo di dimora nei confronti del sindaco di Bibbiano Andrea Carletti nell’ambito delle indagini sugli affidi illeciti in Val d’Enza. Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni del verdetto. I supremi giudici rilevano «l’inesistenza di concreti comportamenti» di inquinamento probatorio e la mancanza di «elementi concreti» di reiterazione dei reati.
Così la soddisfazione per le motivazioni dei giudici supremi per il sindaco dura lo spazio di poche ore: perché Carletti non esce affatto dall’inchiesta in quanto è una delle 26 persone cui è arrivato l’avviso di fine indagine. È accusato di falso e abuso d’ufficio, anche se altri due capi d’imputazione sono caduti. Però è un uomo libero. Già il Riesame, del resto, aveva revocato i domiciliari al sindaco 47enne all’epoca sospeso dal suo ruolo amministrativo, decidendo però per l’obbligo di dimora. Secondo il tribunale bolognese infatti «sussisteva il pericolo di inquinamento delle prove», per la non cessata «influenza politico-amministrativa di Carletti su persone a lui vicine». Nelle motivazioni i giudici della Cassazione spiegano che la decisione del Riesame «non si è basata su una prognosi incentrata sul probabile accadimento di una situazione di paventata compromissione delle esigenze di giustizia. Pur ammettendo l’inesistenza di concreti comportamenti posti in essere dall’indagato», il tribunale «ne ha contraddittoriamente ravvisato una possibile influenza sulle persone a lui vicine nell’ambito politico amministrativo per poi inferirne, astrattamente e in assenza di specifici elementi di collegamento storico-fattuale con la fase procedimentale in atto, il pericolo di possibili ripercussioni sulle indagini».