Ricostruita la caviglia in 3D, il primo caso al mondo al Rizzoli
Impiantata dal professor Faldini su un paziente giudicato inoperabile
Un’intera caviglia ricostruita con una protesi «su misura» stampata in 3D è stata impiantata il 9 ottobre scorso dal professor Faldini all’istituto ortopedico Rizzoli su un paziente lombardo di 57 anni che nel 2007 aveva avuto un terribile incidente stradale per il quale aveva rischiato di perdere la gamba. L’uomo, che era stato giudicato inoperabile, già quattro settimane dopo l‘operazione camminava. È il nuovo primato mondiale messo a segno dal Rizzoli.
Un’intera caviglia ricostruita con una protesi «su misura» stampata in 3D è stata impiantata il 9 ottobre scorso all’istituto ortopedico Rizzoli su un paziente lombardo di 57 anni che nel 2007 aveva avuto un terribile incidente stradale per il quale aveva rischiato di perdere la gamba. L’uomo, che era stato giudicato inoperabile, già quattro settimane dopo l‘operazione camminava. È il nuovo primato mondiale messo a segno dall’istituto, grazie alla mano chirurgica del professore Cesare Faldini, direttore della Clinica Ortopedica 1, che ha lavorato a stretto contatto con il gruppo di ricerca dell’ingegnere Alberto Leardini nel Laboratorio di analisi del movimento del Rizzoli. Ingegneri e chirurghi hanno messo a punto così un nuovo intervento che dà speranza alle tante vittime di incidenti a cui non possono essere impiantate protesi tradizionali. Entro la fine del mese sarà operato un secondo paziente, «e contiamo di fare una ventina di operazioni in un anno, anche se la lista di attesa è molto numerosa», sottolinea Faldini.
Le fratture che distruggono la caviglia non sono rare e possono essere causate da incidenti appunto o infortuni. «In questo caso — spiega Faldini — il salvataggio della gamba dall’amputazione aveva avuto il costo secondario della distruzione della caviglia per cui la protesi tradizionale non poteva essere utilizzata». Il danno comporta la perdita del movimento, una severa zoppia e il necessario uso di scarpe ortopediche o plantari. L’unica soluzione per pazienti come questo è la
Il primario
«È stato un intervento mini-invasivo di un’ora e dopo un mese il paziente camminava»
fusione articolare, l’artrodesi, per ridurre il dolore. Il Rizzoli ha una tradizione, iniziata con il professor Sandro Giannini, negli impianti protesici innovativi che avevano portato al progetto Box, tra le Università di Bologna e Oxford. Da qui si è partiti per studiare una nuova soluzione protesica, personalizzata sulle caratteristiche del paziente.
Qualche settimana prima dell’intervento il paziente ha eseguito una Tac della caviglia, in posizione eretta. Da questo esame, un’attenta ricostruzione 3D ha permesso di ricavare un modello tridimensionale della gamba e del piede del paziente, tramite software e procedure sviluppati dal gruppo di Leardini. Chirurghi ortopedici e ingegneri biomedici hanno simulato l’intervento chirurgico al computer, lavorando su forma e dimensione di ogni componente protesica per venire incontro alle caratteristiche
L’ingegnere
«In sala operatoria è stato realizzato ciò che avevamo studiato al calcolatore»
anatomiche specifiche del paziente, fino a trovare la combinazione ottimale delle componenti di astragalo e tibia, le due ossa che compongono la caviglia.È stato poi prodotto un corrispondente modello osseo e protesico in stampa 3D in materiale plastico, per le prove. Raggiunto il risultato più soddisfacente sia per il chirurgo che per l’ingegnere, la protesi vera e propria per l’impianto finale è stata stampata in una lega di cromo, cobalto e molibdeno, materiali biocompatibili, dall’azienda Adler. «L’intervento per impiantare la protesi — chiarisce Faldini — è stato mini-invasivo, un taglio di pochi centimetri nella parte anteriore della caviglia. È durato un’ora e già al termine è stato possibile valutare il recupero dell’arco di movimento dell’articolazione». «In sala operatoria — aggiunge Leardini — abbiamo riscontrato ciò che avevamo studiato al calcolatore. È solo il primo passo di una grande rea di personalizzazione dei trattamenti».
Dopo l’intervento è iniziata la non semplice riabilitazione della caviglia ferma da anni, in collaborazione con il reparto di Medicina fisica e riabilitativa della professoressa Maria Grazia Benedetti. Dopo quattro settimane il paziente è tornato a camminare. Dovrà sottoporsi a controlli prima mensili, per la valutazione del recupero funzionale, e poi annuali per valutare la sopravvivenza della protesi. «La valorizzazione della diverse competenze — conclude il direttore generale del Rizzoli Mario Cavalli — ha permesso di dare una risposta clinica di altissima innovazione ai pazienti».