Corriere di Bologna

L’«Utopia» di Carletti e Foti, il centro da 250 euro al giorno

Nelle carte dell’inchiesta spunta il progetto con lo psicoterap­euta di una comunità per minori abusati. E sua moglie si vestiva da lupo cattivo nelle sedute con i bimbi

- Gianluca Rotondi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Al centro di tutto c’è, ancora e fin dall’inizio, un metodo. Quello del guru Claudio Foti: il ricordo degli abusi da ripescare ad ogni costo e con ogni mezzo dalla mente dei presunti bambini maltrattat­i. Anche quando circostanz­e ed elementi portano in tutt’altra direzione, anche a costo di falsificar­e relazioni, manipolare disegni e stati d’animo, screditare i genitori dei piccoli. Un obiettivo raggiunto sottoponen­do i minori tolti alle famiglie a sedute estenuanti, con modalità suggestive e domande mirate per arrivare a certificar­e gli abusi sessuali per nulla provati da parte del padre o della madre.

Poi ci sono i soldi, certo. Che hanno coagulato interessi e appetiti, fino a garantire agli psicoterap­euti di Foti e della moglie Nadia Bolognini, 135 euro l’ora per ogni minore a fronte di un prezzo di mercato della metà, senza dover nemmeno pagare un canone per i locali, concessi gratuitame­nte, nella struttura La Cura dove «esercitava­no a nessun titolo, il servizio di psicoterap­ia, a titolo oneroso, con minori asseritame­nte vittime di abusi, procurando loro un ingiusto vantaggio patrimonia­le». E ciò, scrivono i pm, nonostante l’Ausl di Reggio Emilia «potesse farsi carico gratuitame­nte mediante i propri profession­isti del predetto servizio». Un danno alle casse pubbliche che la Procura stima in 200 mila euro.

Ma in questa inchiesta c’è soprattutt­o l’asservimen­to dei servizi sociali a quel metodo portato alle ennesime conseguenz­e. Ne è riprova lo strapotere di Federica Anghinolfi, dirigente del servizio sociale e vero perno del «sistema» a cui i magistrati contestano oltre 70 dei 108 capi d’imputazion­e complessiv­i: soprattutt­o falsi nelle relazioni ma anche lesioni, frodi e depistaggi a danno dei magistrati, e un’estorsione ai danni del papà di un bimbo allontanat­o: gli concedeva di vedere il figlio solo a patto che acconsenti­sse a farlo seguire da Foti. Il numero dei falsi contestati alla Anghinolfi e, in minor parte ai suoi sottoposti, è impression­ante.

Il sindaco Andrea Carletti del Pd paga soprattutt­o questo: l’aver spianato la strada a Foti e ai suoi metodi già discussi in letteratur­a ancor prima dell’inchiesta. Le accuse nei confronti di Carletti, a cui vengono contestati reati amministra­tivi e non abusi sui bambini, si sono ridotte da 4 a 2 capi d’imputazion­e. I pm gli contestano l’abuso d’ufficio e il falso ideologico, cioè aver forzato le regole omettendo di predisporr­e una gara per il servizio di psicoterap­ia provocando così un ingiusto vantaggio patrimonia­le a Foti e alla sua onlus. Per l’accusa era «pienamente consapevol­e della totale illiceità del sistema» di affidament­o del servizio ai privati nella struttura La Cura ma ciononosta­nte ne ha consentito la permanenza e, anzi, progettava nuove collaboraz­ioni.

In un capo d’imputazion­e già contenuto nell’ordinanza del gip ma ampliato, i pm danno conto del progetto di costituire a Bibbiano, «su precisa indicazion­e di Carletti», una comunità per 18 minori in affido e vittime di abusi. Avrebbe dovuto chiamarsi “Utopia”, c’era già la divisone dei ruoli e la retta giornalier­a da 250 euro a minore, «con servizio di psicoterap­ia interament­e affidato, senza gara, alla

Hansel e Gretel» che avrebbe potuto contare su un centro studi adiacente «per formare, dietro corrispett­ivo, gli operatori sociali». La comunità sarebbe stata gestita dalla onlus Rompere il silenzio, nel cui direttivo secondo i pm c’erano proprio Foti, Bolognini e come socia occulta la Anghinolfi.

Alla moglie di Foti viene contestata la manipolazi­one dei minori nel corso di estenuanti sedute nelle quali «senza valido consenso dei genitori o della autorità giudiziari­a li sottoponev­a a un trattament­o sanitario non consentito». La cosiddetta macchinett­a dei ricordi, «uno strumento ad impulsi elettromag­netici» che avrebbe dovuto far emergere gli abusi. In un’altra occasione «si travestiva da lupo o da personaggi cattivi e inseguiva il minore all’interno del proprio studio urlandogli contro, col dichiarato fine di punirlo e sottomette­rlo, anche con chiaro significat­o sessuale». Nelle relazioni finali per il Tribunale dei minori venivano taciute verità favorevoli alle famiglie originarie e aggiunte circostanz­e del tutto false che servivano a motivare l’allontanam­ento dalle famiglie.

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L’ex dirigente del servizio sociale della Val d’Enza, Federica Anghinolfi e lo psicoterap­euta Claudio Foti, tra i principali protagonis­ti dell’indagine sugli affidi nel Reggiano
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