L’«Utopia» di Carletti e Foti, il centro da 250 euro al giorno
Nelle carte dell’inchiesta spunta il progetto con lo psicoterapeuta di una comunità per minori abusati. E sua moglie si vestiva da lupo cattivo nelle sedute con i bimbi
Al centro di tutto c’è, ancora e fin dall’inizio, un metodo. Quello del guru Claudio Foti: il ricordo degli abusi da ripescare ad ogni costo e con ogni mezzo dalla mente dei presunti bambini maltrattati. Anche quando circostanze ed elementi portano in tutt’altra direzione, anche a costo di falsificare relazioni, manipolare disegni e stati d’animo, screditare i genitori dei piccoli. Un obiettivo raggiunto sottoponendo i minori tolti alle famiglie a sedute estenuanti, con modalità suggestive e domande mirate per arrivare a certificare gli abusi sessuali per nulla provati da parte del padre o della madre.
Poi ci sono i soldi, certo. Che hanno coagulato interessi e appetiti, fino a garantire agli psicoterapeuti di Foti e della moglie Nadia Bolognini, 135 euro l’ora per ogni minore a fronte di un prezzo di mercato della metà, senza dover nemmeno pagare un canone per i locali, concessi gratuitamente, nella struttura La Cura dove «esercitavano a nessun titolo, il servizio di psicoterapia, a titolo oneroso, con minori asseritamente vittime di abusi, procurando loro un ingiusto vantaggio patrimoniale». E ciò, scrivono i pm, nonostante l’Ausl di Reggio Emilia «potesse farsi carico gratuitamente mediante i propri professionisti del predetto servizio». Un danno alle casse pubbliche che la Procura stima in 200 mila euro.
Ma in questa inchiesta c’è soprattutto l’asservimento dei servizi sociali a quel metodo portato alle ennesime conseguenze. Ne è riprova lo strapotere di Federica Anghinolfi, dirigente del servizio sociale e vero perno del «sistema» a cui i magistrati contestano oltre 70 dei 108 capi d’imputazione complessivi: soprattutto falsi nelle relazioni ma anche lesioni, frodi e depistaggi a danno dei magistrati, e un’estorsione ai danni del papà di un bimbo allontanato: gli concedeva di vedere il figlio solo a patto che acconsentisse a farlo seguire da Foti. Il numero dei falsi contestati alla Anghinolfi e, in minor parte ai suoi sottoposti, è impressionante.
Il sindaco Andrea Carletti del Pd paga soprattutto questo: l’aver spianato la strada a Foti e ai suoi metodi già discussi in letteratura ancor prima dell’inchiesta. Le accuse nei confronti di Carletti, a cui vengono contestati reati amministrativi e non abusi sui bambini, si sono ridotte da 4 a 2 capi d’imputazione. I pm gli contestano l’abuso d’ufficio e il falso ideologico, cioè aver forzato le regole omettendo di predisporre una gara per il servizio di psicoterapia provocando così un ingiusto vantaggio patrimoniale a Foti e alla sua onlus. Per l’accusa era «pienamente consapevole della totale illiceità del sistema» di affidamento del servizio ai privati nella struttura La Cura ma ciononostante ne ha consentito la permanenza e, anzi, progettava nuove collaborazioni.
In un capo d’imputazione già contenuto nell’ordinanza del gip ma ampliato, i pm danno conto del progetto di costituire a Bibbiano, «su precisa indicazione di Carletti», una comunità per 18 minori in affido e vittime di abusi. Avrebbe dovuto chiamarsi “Utopia”, c’era già la divisone dei ruoli e la retta giornaliera da 250 euro a minore, «con servizio di psicoterapia interamente affidato, senza gara, alla
Hansel e Gretel» che avrebbe potuto contare su un centro studi adiacente «per formare, dietro corrispettivo, gli operatori sociali». La comunità sarebbe stata gestita dalla onlus Rompere il silenzio, nel cui direttivo secondo i pm c’erano proprio Foti, Bolognini e come socia occulta la Anghinolfi.
Alla moglie di Foti viene contestata la manipolazione dei minori nel corso di estenuanti sedute nelle quali «senza valido consenso dei genitori o della autorità giudiziaria li sottoponeva a un trattamento sanitario non consentito». La cosiddetta macchinetta dei ricordi, «uno strumento ad impulsi elettromagnetici» che avrebbe dovuto far emergere gli abusi. In un’altra occasione «si travestiva da lupo o da personaggi cattivi e inseguiva il minore all’interno del proprio studio urlandogli contro, col dichiarato fine di punirlo e sottometterlo, anche con chiaro significato sessuale». Nelle relazioni finali per il Tribunale dei minori venivano taciute verità favorevoli alle famiglie originarie e aggiunte circostanze del tutto false che servivano a motivare l’allontanamento dalle famiglie.