«Hanno parlato chiaro, un documento senza precedenti nella storia»
Stefano Zamagni: «Ma chi conosce Zuppi non si stupisce...»
«Questo documento è una novità assoluta, perché non è un documento generico: arriva al facendum, alle cose da fare, indica un metodo senza fermarsi ai moralismi». Così Stefano Zamagni, docente di Economia politica dell’Alma Mater, analizza il testo sulle Regionali licenziato l’altro giorno dalla Conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna.
«Un documento di questo tipo da parte della Chiesa non si è mai visto». Stefano Zamagni, docente di Economia politica dell’Alma Mater, presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali e autore del manifesto di «Politica insieme» — il movimento che l’estate prossima deciderà se trasformarsi o meno in un partito di centro di ispirazione cristiana — riconosce nel testo licenziato l’altro giorno dalla Conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna guidata dal cardinale Matteo Zuppi elementi di assoluta novità. «Anche se chi conosce bene Zuppi non si stupisce più di tanto...», ride il docente.
Professor Zamagni, si era mai vista una presa di posizione così esplicita sul voto da parte della Chiesa?
«Si tratta a mio avviso di una novità nel panorama dell’Emilia-Romagna, perché non è un documento general generico sui principi come se ne sono visti in passato. Nel testo si arriva al facendum, alle cose da fare, senza fermarsi ai principi. Dai principi bisogna passare ai valori. Mi ha colpito il concetto di “scelta coerente” citato nel testo: i vescovi nel documento stanno dicendo che per essere coerenti ci deve essere corrispondenza tra l’adesione a certi valori e le scelte che si vanno a fare. Non ci sono moralismi».
Questa novità assoluta che lei ravvede, la ritrova nello stile del documento?
«Certo che sì. È uno stile espositivo che applica a pieno il principio di laicità. Ci sono i riferimenti alle sacre scritture, ma ci sono anche quelli ai principi costituzionali e alle
” I vescovi stanno dicendo che per essere coerenti ci deve essere corrisponde nza tra l’adesione a certi valori e le scelte che si vanno a fare
” Dicono no agli atteggiamenti di fuoriuscita dall’Europa E parlano di «tragica ingenuità», avvertendo che se la nostra regione si muovesse in un contesto antieuropeo, il suo benessere finirebbe
leggi regionali. È un modo giusto di interpretare il principio di laicità».
Il testo approvato dai 14 vescovi dell’Emilia-Romagna in vista del 26 gennaio parte dall’Europa: «È casa nostra», scrivono i porporati. Il messaggio è senza dubbio chiaro...
«È un concetto davvero molto forte, mi ha colpito leggerlo al primo punto. I vescovi dicono chiaramente “no” agli atteggiamenti separatisti e di fuoriuscita dall’Europa. E poi parlano di “tragica ingenuità”, avvertendo che se la nostra Regione si muovesse in un contesto anti-europeo, il suo benessere finirebbe».
Non poteva mancare l’appello per l’attenzione ai poveri.
«Negli ultimi 10-15 anni ha iniziato a diffondersi l’aporofobia, il disprezzo per il povero e per il diverso. L’appello dei vescovi è contro l’aporofobia. Non basta erogare servizi e garantire benefici ai bisognosi, ma bisogna imparare a rispettarli. La cultura dell’Emilia-Romagna è da sempre stata ispirata al principio della compassione, invece negli ultimi anni si è diffuso un atteggiamento di disprezzo verso i più deboli».
Nell’appello dei vescovi, che nel passaggio finale del documento dicono che le prossime elezioni regionali sono un’occasione importante «perché la nostra democrazia non venga umiliata e disattesa», stanno dicendo in sostanza ai fedeli di tenersi lontani da sovranismi e populismi?
«Oggi siamo di fronte alla terza grande crisi della democrazia, dopo quella che seguì la prima guerra mondiale e quella di epoca fascista. I tre pilastri della democrazia sono l’universalità, la verità e la libertà, oggi tutti minacciati. L’universalità in particolare è minacciata dal sovranismo: senza universalità non c’è democrazia. E poi la Chiesa dice con grande chiarezza una cosa: no a una campagna elettorale basata su falsità e offese. C’è la condanna della politica in negativo, quella fatta parlando male dell’avversario. La politica per la Chiesa deve tornare a un pensiero forte, senza un pensiero forte non c’è dialogo, ma solo conversazione e litigio. I vescovi indicano nella dottrina sociale della Chiesa il pensiero forte, ma non è l’unico possibile. L’importante è rialzare il livello della politica, sceso troppo».