Corriere di Bologna

«Foie gras, il mio risotto e l’insalata russa di Max»

- Luca Muleo

Daniele Fornaciari è conosciuto per la sua attività di imprendito­re nel campo del vetro, la passione per la Virtus (è presidente della Fondazione bianconera) il rapporto di amore e odio con gli arbitri di basket e infine la citazione che sfodera a ogni convivio: «Goethe diceva che la vita è troppo breve per bere vini mediocri. Io ci ho aggiunto anche per mangiare».

Piatto iconico?

«La scaloppa di foie gras passata in padella rovente, che fa la crosticina. Con un bicchiere di Sauternes. Poi i prosciutti, da Parma al Friuli fino al patanegra spagnolo. Da 50 anni giro mondo cercando di mangiare le cose locali. Come diceva Veronelli, un piatto via l’altro ferma l’intenzione di cogliere il meglio».

Andiamo avanti.

«Il baccalà mantecato. E la nostra tradizione: tagliatell­e, tortellini e lasagne».

Dove li andiamo a mangiare?

«Al cambio di via Stalingrad­o, Pompili è straordina­rio padrone di casa. Daniele Minarelli all’Osteria Bottega. Dopo aver vinto il derby di 32 punti sono andato da Bertozzi a godermi la faccia di un sofferente fortitudin­o come Berti, trovandoci l’ottima cucina bolognese grazie a un virtussino come Gozzi. Abbiamo grandi cuochi, da Max Poggi a Trebbo, ad Agostino Iacobucci a Villa Zarri. Un po’ di chilometri e sei alla Lumira di Borsarini a Castelfran­co Emilia, o a Imola da Mascia del San Domenico. A Ferrara mangio lumache e anguilla alla Chiocciola. Il pesce a Bologna da Carboni all’Acqua Pazza o alla trattoria di Sacerno da Picchiotti».

Nomi di alto livello.

«Perché sono bravi. In città c’è fermento, roba anni d’oro e sempre più internazio­nale. Potrei dire ancora Oltre in via Belvedere, oppure la trattoria Romagnola in via Rialto. Aprirà Perbellini. Non ci annoiamo».

Un piatto da non perdere?

«L’ultimo che ha emozionato il mio palato due anni fa: l’insalata russa di Max Poggi».

Il prodotto che non manca mai in dispensa?

«Mia moglie è genovese di origini toscane, abbiamo una cucina varia. Il pesce c’è spesso. Quando ho voglia di un gran risotto mi metto in cucina io, credo di farne uno dei migliori al mondo. Ci metto un’ora e mezza, va fatto “pippiare” aggiungend­o piano piano il brodo, creando una tavolozza di sapori. C’è un’altra cosa di cui ho scorte perenni: la ‘nduja di Spilinga. È il sacro graal della cucina».

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