Avvelenarono l’amico, due arresti
L’hanno stordito con gli psicofarmaci, la morte in auto dopo ore d’agonia. Arrestati
L’hanno stordito con gli psicofarmaci sciolti nella birra per portargli via il bancomat. Poi lo hanno lasciato in auto mentre prelevavano 2.000 euro. Solo che l’amico non si è più ripreso ed è morto. Dopo due mesi di indagini marito e moglie sono stati fermati: ora sono in carcere.
Avrebbero continuato a prelevare soldi con la loro vittima incosciente in macchina. Poi lo hanno lasciato in un parcheggio, solo e al freddo. Così è morto, dopo ore, Vito Balboni, 63 anni, camionista in pensione originario di Ferrara ma residente a Bentivoglio, dove in molti lo conoscono. «Una persona che aiutava tutti» lo descrive la famiglia. Sono finiti in carcere Rita Di Maio, 49enne campana residente a Bologna e suo marito Claudio Furlan, 54 anni di Bologna, accusati di morte come conseguenza di altro delitto, rapina pluriaggravata e indebito utilizzo di carte di pagamento. Ma la coppia ha già una sfilza di precedenti: lei è da poco uscita dal carcere dopo avere scontato 6 anni per avere narcotizzato con un cafno fè adulterato e poi rapinato un venditore porta a porta nel 2013. In quel caso l’uomo si era salvato.
Ma per l’accusa la coppia non aveva perso il vizio e giovedì sera il fermo di indiziati di delitto è scattato proprio perché gli inquirenti temevapotessero tornare a colpire. Secondo il loro avvocato Giancarlo Tunno «si è trattato di una rapina finita male. Non è dimostrato il nesso tra la morte e la somministrazione di farmaci». Diversa la ricostruzione dei carabinieri del nucleo operativo della Compagnia di San Lazzaro, blindata in un decreto di fermo di 140 pagine firmato dal pm Roberto Ceroni. I militari per due mesi hanno pedinato e intercettato marito e moglie. La Di Maio e Furlan, che conoscevano da tempo la vittima con cui giocavano a carte in un bar di Bentivoglio, la mattina del 31 ottobre gli danno appuntamento. I tre vanno in un ristorante con l’auto della coppia e bevono birra nella quale, ha stabilito l’autopsia, Di Maio e Furlan avrebbero sciolto dosi massicce di Rivotril e Nozinan, psicofarmaci che la donna si era fatta prescrivere pochi giorni prima. Poi scatta una discussione e Balboni chiede di essere riaccompagnato a prendere la sua auto ma nel frattempo perde i sensi. I due gli tolgono telefono e bancomat e, in serata, con Balboni ancora in macchina, fanno i primi prelievi.
Le telecamere di alcuni sportelli bancomat riprendono la donna con il volto travisato. Poi riportano Balboni nella sua auto in un parcheggio a Cadriano e lo lasciano lì, sdraiato con il sedile completamente abbassato. Motivo per cui nessuno noterà il suo corpo senza vita. L’autopsia ha stabilito che è morto per arresto cardiaco, ma sarebbe rimasto in stato comatoso per molte ore prima che il suo cuore cedesse: una chiamata al 118 avrebbe potuto salvarlo. Invece verrà ritrovato cadavere il 6 novembre, la moglie nel frattempo ne aveva denunciato la scomparsa ai carabinieri.
Sembrava un decesso avvenuto per cause naturali, ma la Procura ha disposto l’autopsia e avviato le indagini che hanno rivelato subito una circostanza sospetta: l’ammanco di 1.900 euro sul suo conto, prelevati con dodici operazioni tra la notte del 31 ottobre e il 2 novembre. A quel punto i carabinieri si mettono sulle tracce della coppia, identificata anche grazie a delle tracce rinvenute sull’auto della vittima. Marito e moglie non vengono mai persi di vista visto il timore che colpiscano ancora. I due erano finiti in manette nel 2012 anche per favoreggiamento della prostituzione e circonvenzione di incapace nei confronti di una disabile. Domani mattina ci sarà la convalida del fermo davanti al gip.