Politica e democrazia oltre i «like» e le baruffe da talk show
«Minima Politica. Sei lezioni di democrazia» (Utet): la nuova opera di Gianfranco Pasquino, politologo e professore emerito dell’Alma Mater
Non solo fake news, ma parole importanti manipolate nel loro significato per scopi di potere, concetti lasciati andare alla deriva, analisi approssimative. In molti campi, oggi, si sente l’esigenza di chiarire, di ridare senso alle parole. Proprio questo lavoro fa il politologo Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica all’Alma Mater, nel suo ultimo libro Minima politica. Sei lezioni di democrazia (Utet, pp. 176, euro 14). Il titolo rimanda alla grande lezione intellettuale dei «Minima moralia» di Adorno e fa subito intendere che in ballo c’è il nostro stesso sistema di vita politica.
Rivendicando l’eredità culturale dei suoi maestri, Norberto Bobbio e Giovanni Sartori, Pasquino affronta sei argomenti spinosi, variamente confusi dall’opinionismo dei talk show, dei «like» e degli «hate» su Facebook, delle risse tra contendenti politici, dall’ansia dei sondaggi, dai tentativi di agitare l’opinione pubblica a proprio vantaggio. Un ritorno alla letteratura politica, propugna il professore, e sua discussione per intendere meglio temi nodali. La prima questione discussa è quella dei meccanismi elettorali, con un’analisi dei tentativi, più o meno riusciti, di dare effettiva rappresentanza a un Paese in mutamento. Le sue considerazioni si basano su osservazioni storiche, su riferimenti ad altri sistemi europei, alle conseguenze delle più recenti innovazioni elettorali. Con una premessa che distingue, opportunamente, tra leggi partigiane (che portano vantaggi a chi le propone) e sistemiche, capaci di garantire rappresentatività.
Alla rappresentanza politica è dedicato il secondo argomento, in un’analisi che affronta ancora il tema dei sistemi elettorali e della governabilità, ma soprattutto quello della «accountability», di come gli eletti debbano rendere conto ai loro elettori, con discussioni di concetti oggi sulla cresta dell’onda quali «contratto di governo» o «vincolo di mandato». Alla figura del presidente della Repubblica e ai suoi compiti, alle vere o presunte forzature del ruolo assegnatogli dalla Costituzione, è dedicato il terzo capitolo. Gli ultimi discutono, sempre mettendo in crisi opinioni correnti e corrive, il concetto, di «deficit democratico», con riferimenti alle istituzioni europee; il mito della «governabilità», nel cui nome si sarebbe disposti a sacrificare qualcosa della democrazia; di come sistemi quali quello turco, russo o ungherese, pur basandosi su libere elezioni, conculchino varie libertà. Il volume si chiude sulla tentazione di scegliere la scorciatoia della «democrazia illiberale».