Zaki resta in carcere «Io sono innocente»
Al Dall’Ara striscione per lui
Resta in carcere altri 15 giorni Patrick Zaki, il ricercatore 27enne iscritto all’Alma Mater arrestato al Cairo il 6 febbraio. «Sono innocente, quel profilo Facebook non è il mio», ha detto ai giudici Patrick, arrivato in udienza rasato. Continua la mobilitazione. Il rettore: «Le istituzioni facciano tutto il possibile». Striscione dei rossoblù ieri al Dall’Ara. «Presto uno anche a Palazzo d’Accursio», promette Merola.
È arrivato in aula completamente rasato, senza i suoi folti capelli ricci. Ai giudici Patrick Zaki avrebbe ribadito la sua verità: «Sono innocente, non ho mai scritto i post su Facebook». Quei post su un account che il ricercatore 27enne sostiene non essere il suo e per cui l’Egitto ora lo accusa di propaganda sovversiva. Eppure i giudici hanno deciso ieri di prolungare la detenzione dell’attivista, iscritto al master Gemma di Unibo, di altri 15 giorni, fissando la prossima udienza il 7 marzo.
All’udienza ieri mattina erano presenti, oltre ai due avvocati di Zaki, anche un diplomatico italiano e uno della delegazione Ue in Egitto, nell’ambito del programma di monitoraggio processuale dell’Ue, adottato su proposta italiana. Non sono invece stati ammessi i giornalisti. Pare che i due legali del ragazzo, uno di fiducia della famiglia e uno della ong per cui Patrick era attivo, vogliano mantenere un
Arrestato
Patrick George Zaki, 27 anni, ricercatore egiziano del master Gemma di Unibo, è stato arrestato al Cairo lo scorso 6 febbraio
basso profilo, soprattutto mediatico, nel duello giudiziario con la Procura.
Quella del procuratore capo di Mansoura, ha detto ieri Riccardo Noury, portavoce di Amnesty in Italia, «è una decisione crudele, non necessaria, perché non c’è alcuna possibilità di inquinare prove o di modificare il corso delle indagini. Ora si apre lo scenario peggiore». Si temono altri prolungamenti di 15, poi di 45 giorni che in Egitto possono arrivare fino a 2 anni. «La mobilitazione sarà lunga», avverte Noury.
Attivisti, studenti di Unibo e amici di Patrick (in Italia e all’estero) chiedono a gran voce che il governo italiano prenda posizione con forza contro il regime di al-Sisi. E la senatrice del M5S Michela Montevecchi, membro della commissione straordinaria Diritti umani, proporrà l’audizione del funzionario diplomatico inviato ieri all’udienza dalla Farnesina.
«La nostra comunità ha accolto con profonda amarezza la notizia della mancata scarcerazione del nostro studente — ha detto il rettore di Unibo Francesco Ubertini — ma voglio dire con forza che questo triste sviluppo non intaccherà in nessun modo la nostra determinazione a mantenere alta l’attenzione finché Patrick non potrà tornare a riabbracciare i suoi compagni. Chiediamo con fermezza alle istituzioni di mettere in campo tutte le azioni possibili per arrivare rapidamente a un esito positivo. Patrick è sopra ogni cosa un cittadino dell’alma universitas, una comunità accademica che non può conoscere frontiere nazionali e che non dovrebbe temere che non siano rispettati i diritti delle persone».
E il sindaco Virginio Merola promette: «Non smetteremo di chiedere la sua libertà. Esporremo presto uno striscione a Palazzo d’Accursio con scritto “Patrick libero”».