Nella vita di Schiavone entra l’amore
Manzini anticipa le novità della saga che ha dato vita alla fiction Rai
Torna una nuova avventura del vicequestore Rocco Schiavone e il suo autore arriva alla libreria Coop Ambasciatori. Oggi alle 17 Antonio Manzini presenta Ah l’amore l’amore (Sellerio, pp. 340, euro 15), intervistato dal circolo di lettura «Bookies… in Bo».
Alla fine di Rien ne va plus avevamo lasciato il poliziotto romano proveniente dalla strada, insofferente delle regole, in un lago di sangue e lo ritroviamo, a ridosso del Capodanno, in ospedale, con un rene asportato.
Cosa ci può anticipare della trama?
«Rocco Schiavone si ritrova nell’ospedale di Aosta, città dove è stato trasferito ormai da tempo. Il primario gli ha appena fatto una nefrectomia. Nello stesso luogo, un ricco industriale muore per un’operazione simile, compiuta dalla stessa mano, e tutti additano il fatto come un caso di malasanità. Ma Rocco si convince che è piuttosto un delitto, e gli tocca indagare mentre è degente, con i punti e la febbre».
Schiavone non sta certo fermo a letto: la storia si volge in tutto l’ospedale, che con i suoi reparti, le sue scale, i sotterranei, i corridoi, i laboratori sembra un labirinto…
«È un posto dove c’è chi viene e chi va, chi atterra e chi decolla, come un aeroporto, dove c’è chi guarisce e chi muore; un luogo di dolore e di speranza. Rocco, convinto della bravura del primario, nonostante abbia la ferita ancora viva non si dà per vinto. Non crede nella malasanità. E anch’io sono convinto fortemente nella bontà del sistema sanitario italiano».
Cosa c’è di nuovo in questa tappa della saga e come vi entra l’amore del titolo?
«È un nuovo episodio della sua vita; tutti questi libri sono come capitoli di un unico libro. Forse qui metto maggiormente in mostra aspetti, aspettative, fatti dei personaggi che gli vivono accanto, i suoi agenti e le persone che hanno rapporti con loro. Mi diverte spostare l’attenzione, in certi momenti, su di loro, sui loro sentimenti, sulle loro esistenze».
Torniamo indietro: come è nato il personaggio?
«Sinceramente non lo ricordo. Ho incominciato a scriverne per divertimento. Andavo avanti per me stesso. E poi ho scoperto che quello che avevo messo insieme poteva diventare un romanzo».
Lei faceva l’attore e piano piano ha smesso per diventare scrittore e sceneggiatore. Come mai?
«Avevo anche successo come attore, ma recitare era diventato noioso e banale. Sognavo un ambiente dove raccontare storie appassionanti, con un senso, e invece mi ritrovavo a fare una sorta di mestiere impiegatizio, per altro mal pagato. Lo vediamo intorno a noi: gli attori fanno oggi un mestiere disastrato, rovinato dagli ultimi venti anni in cui non si è investito per nulla nella cultura. Mi sono ritrovato per caso nell’editoria e sono andato avanti».
Perché Rocco ha tanto successo, così menefreghista, scontroso, irregolare com’è?
«Non lo so. Forse perché assomiglia a persone che conosciamo, che incontriamo tutti i giorni. I suoi difetti e le sue contraddizioni lo rendono umano: se non sempre lo giustifichiamo, lo possiamo comprendere. È un po’ come la simpatia e il desiderio di accoglienza che suscita chi è acciaccato».
Schiavone nelle indagini, per arrivare a scoprire i colpevoli arriva a commettere atti illegali…
«Credo che il suo fascino si possa spiegare col fatto che gli italiani sanno perfettamente che legge e giustizia camminano spesso su binari separati. Piace il fatto che un tipo così, che per distendersi si fa le canne, che non ha mai rotto i rapporti con amici dalla condotta non proprio esemplare, riesca a mettere in galera i criminali. Perché vediamo che non sempre la giustizia coincide con la legge, e che non sempre la legge arriva a fare giustizia».
Un romanzo con Rocco Schiavone non è mai chiuso in sé stesso: ritornano fatti, personaggi, traumi di precedenti storie
«Li penso come una catena, come aprire uno spiraglio sulla vita di quest’uomo e poi chiuderlo, poi riaprine un altro. Insomma, le sue storie procedono con abbandoni e ritorni, come nella vita delle persone vere».
Cosa pensa della fiction tratta dalle sue storie, con Marco Giallini nel ruolo di Rocco?
«Sono molto contento, è ben fatta, bellissima. Ora stanno girando la quarta serie».
Rocco: avrebbe voluto interpretarlo lei?
«Neanche morto e neppure un qualche altro personaggio».
Cosa succederà nei prossimi romanzi?
«Non ne ho la più pallida idea. Navigo a vista. All’inizio di ogni storia faccio un piano generico, ma poi la vicenda effettivamente si sviluppa nella scrittura».
Altri progetti?
«Sto preparando un libro diverso, sempre per Sellerio. Dovrebbe uscire dopo l’estate e racconta un rapporto piuttosto crudo tra dei genitori e un figlio».
Non tornerà sul mondo dell’editoria, come in quel volumetto che era “Ogni riferimento è puramente casuale”, racconti su scrittori, case editrici, presentazioni di libri?
«Ho lasciato in sospeso un paio di situazioni: il dramma di uno che deve presentare in pubblico un libro che gli fa schifo e una storia dedicata alle follie assurde che si commettono all’inseguimento dei premi letterari. Non so come appariranno».
Il personaggio Ho incominciato a scrivere di Rocco per divertimento, andavo avanti per me stesso. Poi ho scoperto che poteva diventare un romanzo