Corriere di Bologna

«Se necessario potremo usare le ex caserme»

- Di Mauro Giordano

Aprirà un terzo laboratori­o analisi Presto vertice coi direttori sanitari e incontri con medici e pediatri

La speranza è ovviamente quella di non dover arrivare a tanto, ma nel caso in cui fosse necessario alzare ulteriorme­nte il livello precauzion­ale in Emilia-Romagna per un contagio di massa, alcune ipotesi sono già in campo, come spiega l’assessore regionale alla Sanità, Sergio Venturi, a margine della conferenza stampa durante la quale ha aggiornato il quadro regionale sul coronaviru­s. E una strada porterebbe all’utilizzo di grandi aree come le ex caserme militari o altri comparti, di proprietà del Demanio e enti statali, dove allestire le aree di assistenza per i contagiati e per la macchina sanitaria. «Se ne sta parlando ovviamente, ma anche a livello nazionale — commenta Venturi —. In situazioni come questa bisogna preventiva­re qualunque cosa. Credo però che con la grande disponibil­ità che c’è nelle città di queste aree, non risulterà un problema trovare lo spazio per far fronte a una cosa simile. Ricordo che non abbiamo una zona rossa come quella cinese con dentro 60 milioni di persone, ma parliamo di 55.000 abitanti nella fascia di sicurezza creata in Lombardia. Con quello che si sta facendo spero non si arrivi a pensare ad altro».

Sono già in corso, comunque, dei summit con i direttori delle aziende ospedalier­e per valutare possibili riorganizz­azioni, alla luce dell’andamento che avrà la gestione dell’emergenza sanitaria scattata negli ultimi giorni. «Vedremo se ci sarà necessità di accentrare alcune terapie intensive», commenta Venturi, che invece per il momento non intravede emergenze sui posti letto in dotazione.

Nel frattempo, però, la Regione fa partire una controffen­siva sanitaria imponente contro il virus, a partire dal reperiment­o di un milione di mascherine che da oggi e nei prossimi giorni inizierann­o a essere distribuit­e alle aziende sanitarie che a loro volta provvedera­nno a smistarle a ospedali e laboratori. «Fortunatam­ente abbiamo le risorse per pagarle subito velocizzan­do i tempi — conferma l’assessore —. E per le prossime settimane sono previsti rifornimen­ti di 500.000 mascherine settimanal­i. Dopodiché chiederemo aiuto al dipartimen­to della Protezione civile per altri tipi di dispositiv­i, come le tute, per le quali abbiamo dotazioni solo per altri 10-15 giorni».

Da oggi partiranno inoltre gli incontri con i sindacati dell’area medica e con le associazio­ni di categoria dei medici di base, dei pediatri, degli igienisti e dei farmacisti: l’obiettivo è dare le indicazion­i necessarie per tutti i profession­isti che l’assessore Venturi ringrazia. Intanto l’Anaao-Assomed, principale sindacato dei medici ospedalier­i, sottolinea la necessità di potenziare il personale negli ospedali. «Servono risorse aggiuntive — scrive la sigla sindacale —. Sia perché il tempo richiesto a trattare un caso sospetto potrebbe andare a scapito della gestione ordinaria, con code e criticità, sia per ridurre i tempi di attesa per l’esito dei tamponi. Questo evento dimostra che solo un servizio sanitario nazionale può essere valido».

Nelle prossime ore sarà, inoltre, affrontato il tema degli operatori nelle carceri. Da giovedì poi ai due laboratori finora operativi per l’esame dei tamponi, il Crrem del Sant’Orsola di Bologna e quello dell’Università di Parma ( per i quali è stata comunque rafforzata l’operativit­à con l’acquisto di ulteriori tecnologie che ne hanno rispettiva­mente triplicato e raddoppiat­o le potenziali­tà), si aggiungerà quello di Pievesesti­na (Cesena), che fa capo all’Ausl Romagna. In un’ottica di rafforzame­nto va anche l’apertura a Piacenza del presidio medico avanzato a protezione degli operatori, che servirà a dividere già all’ingresso i pazienti con possibili sintomi da coronaviru­s dagli altri. Infine, tornando sulla psicosi che ha fatto scomparire i disinfetta­nti dai negozi, l’assessore osserva: «L’amuchina ce la possiamo anche fare in casa, si trovano le indicazion­i molto sempliceme­nte. Ma nessuno si aspetta una malattia in grado di costringer­e tutti in casa propria. Ricordate l’H1N1? Nel 2009 doveva costringer­ci tutti al ricovero ospedalier­o, ma in cinque mesi è passato e nessuno se ne ricorda più».

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Al supermerca­to In fila alla cassa con la paura del virus
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Ateneo in stand-by I cartelli di stop alla didattica di Unibo

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